Meloni: fascismo consegnato alla storia. In manette o in pensione? Giorgia: bell’inglese, italiano sdrucciolo

Meloni: fascismo consegnato alla storia. Un'ovvietà che l'informazione veicola come "news". Consegnare alla storia con rispetto, devozione o rifiuto e rigetto? Consegnare in manette o in pensione? Meloni non deve esibire patenti di democrazia, ma quella sulla storia e il fascismo è dichiarazione politicamente furbetta.

di Lucio Fero
Pubblicato il 11 Agosto 2022 - 10:04 OLTRE 6 MESI FA
Meloni: fascismo consegnato alla storia. In manette o in pensione? Giorgia: bell'inglese, italiano sdrucciolo

Meloni: fascismo consegnato alla storia. In manette o in pensione? Giorgia: bell’inglese, italiano sdrucciolo FOTO ANSA

Giorgia Meloni l’ha detto annunciava stamane la forse maggior radio di informazione italiana, Radio 24. Giorgia Meloni l’ha detto riportavano ieri tutti i Tg e sta stampato su tutta la carta stampabile. Cosa ha mai detto (secondo alcuni addirittura finalmente) Giorgia Meloni? Ha detto in bell’inglese (quasi eccezione nel ceto politico italiano) che loro di Fratelli d’Italia il fascismo lo consegnano alla storia. Cioè? Che il fascismo del secolo scorso, Mussolini e il suo ventennio dagli anni 20 ai 40 del novecento vada consegnato alla storia è in buona parte un’ovvietà. Consegnare alla storia è un dire che dice nulla o quasi sotto forma di dire molto e definitivo. Consegnare alla storia appare come una decisione e invece è l’ennesima elusione.

Meloni fascista non è un argomento ma consegnare alla storia è una furbata

Meloni fascista non è un argomento né credibile né usabile in campagna elettorale e neanche nell’azione politica. Punto. Ma il dire della Meloni, il dire del fascismo consegnato alla storia è una furbata. Alla storia si può consegnare con rispetto e con devozione o con disprezzo e sgomento. Consegnare alla storia può essere omaggio, rimozione, rifiuto…Dipende da come e perché si consegna alla storia. E comunque la locuzione stessa, consegnare alla storia, è concetto dai confini vasti e dalla materia porosa. Vi si ritrovano dentro infatti tutti o quasi tutti: chi non consegna alla storia il fascismo nella forma storica che ha assunto un secolo fa?

Se la Meloni voleva dire che loro di Fratelli d’Italia proprio non pensano a rifare Mussolini, il fascio littorio, il partito unico, la Camera dei Fasci e delle Corporazioni, la camicia nera, il fez, le colonie, gli otto milioni di baionette…grazie, ma era ovvio ed evidente. Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia non sono la filiazione del PNF (partito nazionale fascista) e neanche la clonazione del Movimento Sociale Italiano. Non sono il fascismo storicamente definito nella sua forma storicamente assunta un secolo fa proprio in Italia. Bene, punto e a capo. Però coloro di Fratelli d’Italia che oggi fascisti non sono conservano e ostentano una delicatezza verbale e concettuale quando “consegnano alla storia”. Alla storia un fenomeno politico e un regime si possono consegnare per così dire in manette, come si fa quando si assicura un criminale alla giustizia. Oppure alla storia li si può consegnare come quando si manda in pensione, in archivio, in soffitta. Il che è tutt’altra, proprio tutt’altra cosa.

Ma Meloni ha condannato dittatura e leggi razziste

Nella stessa intervista Giorgia Meloni ha condannato senza ambiguità dittatura e leggi razziste. Vero. Vien però da dire: ci sarebbe mancato altro che non l’avesse fatto. Non è da queste condanne che si giudica…si giudica cosa? Non il grado o la permanenza di “fascismo” nella Destra italiana. Fascismo non è solo e soltanto la concreta formazione storica che assunse nel ventennio mussoliniano. Fascismo è fenomeno socio-politico-storico i cui materiali costitutivi sono rintracciabili nei secoli, se non nei millenni. Proprio come accade ad altre categorie politiche che battezziamo come cesarismo, socialismo, democrazia, bonapartismo, autocrazia, oligarchia…Qui e oggi la forma storica attuale e contemporanea, di cosa?

Cosa è che diffida e diffama la democrazia rappresentativa e delegata, che ha in odio Parlamenti e istituzioni sovranazionali, che imputa a oscuri complotti ai danni del popolo ogni accidente e problema, che sempre indica il nemico esterno, l’invasore e il sabotatore, che predica la soluzione di ogni problema a portata di mano se solo si fanno fuori i Poteri infami, che esalta il dio, patria e famiglia purché siano il proprio dio, patria e famiglia e gli altri inferiori per definizione, che immagina un’economia delle corporazioni con un potere centrale pastore di ogni pecora del gregge. Chiamarlo, se si vuole, fascismo o populismo o democratura o democrazia illiberale, qualcuno lo chiama addirittura la vera democrazia. Giorgia Meloni non è tenuta ad esibire nessuna patente di democratica, lo è almeno quanto lo sono i leghisti o quelli di M5S. Però potrebbe usare a noi tutti la cortesia di non essere per così dire politicamente furbetta quando “consegna alla storia” il fascismo. Bell’inglese quello di Giorgia. Ma l’italiano, nel senso profondo e sostanziale, è rimasto con quella frase su fascismo e storia opportunisticamente sdrucciolo.

La cipria e le mogli

In una campagna elettorale e in una comunicazione che la segue in piena sindrome bulimica di ogni junk food appena notiziabile, non si poteva non essere afflitti anche dalla versione nostrana e casereccia del politicamente corretto. Enrico Letta ha detto cipria! Ha detto cipria parlando della Meloni! Maschilismo, misoginia! Alla sinistra che parole sulle donne mai pronunciare che son sempre blasfeme ben le sta, è la legge del contrappasso. Alla destra che sempre irride i tic comportamentali della sinistra l’oscar di giornata all’ipocrisia. E alle due signore che lamentano: siamo politiche (e candidate forse) e non mogli di…? Sembra sacrosanto femminismo, invece è solo e soltanto campagna elettorale.

A seguire la Meloni che parla in inglese, francese e spagnolo spiegando che il fascismo “è stato sconsegnato alla storia”.