Microspie Polverini: si punta sulla “pista interna”

Pubblicato il 13 Aprile 2011 - 20:42 OLTRE 6 MESI FA

Renata Polverini

ROMA – La pista che conduce a capire chi abbia installato delle microspie nell’ufficio del governatore del Lazio Renata Polverini sembra ormai quella interna. O comunque le indagini puntano anche a stanare la talpa che sapeva dell’affaire-microspie. E che era informata anche delle due intrusioni notturne ad opera di sconosciuti avvenute il 3 e il 18 marzo, quasi in concomitanza con i tentati furti in casa Polverini.

Insomma, qualcuno sapeva e nei prossimi giorni dai pm ci saranno una serie di audizioni. Intanto i sindacati lanciano accuse pesanti. ”Il braccio destro della Polverini, Luca Fegatelli, era a conoscenza dei fatti sapeva delle due intrusioni sospette avvenuti le notti del 3 del 18 marzo scorso negli uffici della Regione Lazio”.

Il segretario territoriale della Fisascat-Cisl, Mauro Brinati, punta il dito contro il capo del Dipartimento Istituzionale e del territorio, Luca Fegatelli, insomma il dirigente che si occupa degli affari interni dell’ente. E ha depositato mercoledì 13 aprile  in Procura una informativa sui due ingressi di persone sconosciute avvenute nelle scorse settimane in Regione. Secondo il sindacalista uno degli uomini più vicini alla Polverini sapeva di quanto avvenuto.

”Fegatelli – spiega Brinati – ha disposto il trasferimento dei vigilantes che poi hanno raccontato ai sindacati degli ingressi notturni negli uffici. Ovviamente Fegatelli non era l’unico a saperlo”. E suggerisce anche che il tentativo di spionaggio non punta all’affare sanità ma al business ”della vigilanza e delle pulizie”.

Sulle due intrusioni Cgil, Cisl e Uil presentarono un esposto alla questura alla Questura, all’Arma dei Carabinieri alla Guardia di Finanza, alla Prefettura ed ai rappresentanti della Regione. “Sia il 3 che il 18 marzo – è scritto nell’esposto – rispettivamente alle 23,50 e alle 23,10 si sono presentati presso la sede della Regione Lazio un tenente ed un appuntato dell’istituto di vigilanza Roma Union Security i quali ordinavano a tutte le persone in servizio di abbandonare le rispettive postazioni assegnate, di non effettuare i previsti giri periodici di controllo e di radunarsi al piano terreno dello stabile. Nel frattempo facevano accedere quattro persone sconosciute ed in borghese, prelevavano le chiavi degli uffici tra cui la chiave della Presidenza, vi accedevano e vi si trattenevano per oltre due ore e quaranta minuti”.

Poi il suggerimento del tenente e dell’appuntato ai vigilantes di non ”fare menzione a nessuno dell’accaduto”. Ma alcune guardie giurate, poi trasferite, riferiscono tutto ai sindacati e così nasce l’esposto dell’8 marzo. Ventiquattro ore dopo viene effettuata la bonifica degli ambienti che porta al rinvenimento di microspie e una microcamera. La Digos ha iniziato martedì le audizioni proprio dai vigilantes. Gli inquirenti stanno raccogliendo anche le testimonianze di impiegati regionali che avevano accesso agli uffici e di responsabili della sicurezza. E’ fissato, intanto, per giovedì un sopralluogo che il pm Nicola Maiorano effettuerà negli ambiti dove sono state individuate le tre microspie e una microcamera.

Il magistrato, inoltre, attende l’esito della consulenza tecnica disposta sugli apparecchi per capirne tipologia, casa produttrice e raggio d’azione. In base ad una prima analisi sembrerebbe che almeno una delle cimici sarebbe stata collocata negli uffici regionali ”non di recente”. Per ora i pm procedono per installazione abusiva di apparecchiature idonee ad intercettare e interferenza illecita nella vita privata.