Milano, scandalo alla Asl: sfiduciato Pezzano. Era stato fotografato con i boss della ‘ndrangheta

Pubblicato il 13 Aprile 2011 - 12:50 OLTRE 6 MESI FA

MILANO – Dopo lo scandalo sanità a Roma anche Milano ha il suo. Nell’occhio del ciclone è finita la nomina di Pietrogino Pezzano a direttore generale della Asl milanese.

Pezzano, scrivono Simona Ravizza e Cesare Guizzi sul Corriere della Sera, era stato fotografato  con alcuni boss della ‘ndrangheta l’11 luglio del 2009. Nominato lo scorso 23 dicembre in quota Pdl, Pezzano ha deciso di lasciare dopo che ieri, 12 aprile, il Consiglio regionale ha votato a sorpresa una mozione di sfiducia nei suoi confronti.

“Mi dimetto per salvaguardare la mia professione, chi lavora con me e la mia famiglia. Preferisco togliere dall’imbarazzo il Pirellone, anche se contro di me si è mossa la macchina del fango”.

Il primo a farsi sentire contro la nomina di Pezzano era stato Roberto Nava, sindaco di Vanzago. Ma poi alla sua si sono aggiunte altre voci contro l’uomo il cui nome è finito della maxi-inchiesta antimafia ‘Infinito’.

Già tre mesi fa c’era stato un tentativo analogo, fallito. Ieri invece Pd, Italia dei Valori, Sel di Nichi Vendola, con l’aiuto dell’Udc, hanno visto approvata la loro mozione che chiede al governatore Roberto Formigoni di revocare l’incarico a Pezzano.

Il Pdl aveva chiesto ai suoi di abbandonare l’aula per far mancare il numero legale, ma senza successo. Con 31 voti contro 7 il centro-sinistra riesce a far passare la mozione.

“È un segnale contro una nomina inopportuna. E le dimissioni di Pezzano raddoppiano il nostro successo” commentano dal Pd Arianna Cavicchioli e Luca Gaffuri. E Giulio Cavalli (Idv): “Finalmente arriva un segnale politico chiaro su una nomina vergognosa”. Enrico Marcora (Udc) si dice “contento che i voti dell’Udc siano stati determinanti”.

Per il Pdl, scrive il Corriere della Sera, è difficile nascondere l’imbarazzo: “Abbiamo commesso un errore tecnico sul numero legale – ammette il capogruppo Paolo Valentini -. Ma chi era seduto sui banchi era in buona fede”.