ROMA, 28 LUG – Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano dice stop al decentramento dei ministeri. Secondo il capo dello Stato, che sul tema ha scritto una lettera indirizzata a Silvio Berlusconi e pubblicata sul sito del Quirinale, il decentramento è contrario a quanto previsto dall’articolo 114 della Costituzione. Quella di Napolitano sembra anche una chiara risposta al ministro Umberto Bossi che, nella mattinata di giovedì 28 luglio, sempre sui ministeri a Monza aveva detto: “Qui sono e qui restano”.
“Mi risulta – scrive il Capo dello Stato – che il Ministro delle riforme per il federalismo e il Ministro per la semplificazione normativa, con decreti in data 7 giugno 2011 – peraltro non pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale – hanno provveduto a istituire proprie “sedi distaccate di rappresentanza operativa, ho appreso altresì che analoghe iniziative verrebbero assunte a breve anche dal Ministro del turismo e dal Ministro dell’economia e delle finanze (quest’ultimo titolare di un importante Dicastero, anziché Ministro senza portafoglio come gli altri tre)”.
Bossi sembra però non preoccuparsi di proteste e malumori. E al capo dello Stato manda a dire a mezzo stampa: “Che non si preoccupi”. “I ministeri li abbiamo fatti e li lasciamo là”, ha sottolineato il ministro delle Riforme aggiungendo che “il decentramento non è solo una possibilità ma un’opportunità per il Paese. La Costituzione non parla di dove devono stare i ministeri”. Il senatur ha anche detto, riguardo alla sollecitazione di Berlusconi che in Consiglio dei Ministri ha invitato i colleghi di governo a tener conte dei rilievi del Colle: ”Noi ne teniamo conto, però vogliamo spostare i ministeri come fanno gli altri paesi europei”.
“Come ho già avuto occasione di sottolineare al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dott. Letta prosegue quindi Napolitano – la dislocazione di sedi ministeriali in ambiti del territorio diversi dalla città di Roma deve tener conto delle disposizioni contenute nel regio decreto n. 33 del 1871, ancora pienamente vigente, che nell’istituire, all’articolo 1, Roma quale capitale d’Italia ha altresì previsto che in essa abbiano sede il Governo ed i Ministeri. E’ altresì noto che la scelta di Roma capitale è stata costituzionalizzata con la riforma del titolo V della nostra Carta che, con la nuova formulazione dell’articolo 114, terzo comma, ha da una parte introdotto un bilanciamento con le più ampie funzioni attribuite agli enti territoriali e dall’altra ha posto un vincolo che coinvolge tutti gli organi costituzionali, compresi ovviamente il Governo e la Presidenza del Consiglio: vincolo ribadito dalla legge n. 42 del 2009, che all’art. 24 prevede un primo ordinamento transitorio per Roma capitale diretto a garantire il miglior assetto delle funzioni che Roma è chiamata a svolgere quale sede degli Organi Costituzionali”.
Infine, recentemente e sia pure in un contesto non univoco, nel corso dell’esame parlamentare del d.l. n. 70 del 2011, sono stati discussi e votati diversi ordini del giorno finalizzati ad escludere ipotesi di delocalizzazione dei Ministeri pur nell’accoglimento, senza voto, di un o.d.g. (Cicchitto ed altri) di contenuto autorizzatorio.
Quanto al contenuto dei citati decreti istitutivi devo rilevare che i Ministri emananti, Ministri senza portafoglio, hanno provveduto autonomamente ad istituire sedi distaccate, rispettivamente, di un Dipartimento e di una Struttura di missione, che costituiscono parte dell’ordinamento della Presidenza del Consiglio.
Poiché ai fini di una eventuale sua elasticità, il decreto legislativo n. 303 del 1999, all’articolo 7, attribuisce al Presidente del Consiglio la facoltà di adottare con DPCM le misure per il miglior esercizio delle sue funzioni istituzionali, ritengo che l’autorizzazione ad una eventuale diversa allocazione di sedi o strutture operative, e non già di semplice rappresentanza, dovrebbe più correttamente trovare collocazione normativa in un atto avente tale rango, da sottoporre alla registrazione della Corte dei Conti per i non irrilevanti profili finanziari, come affermato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 221 del 2002.
Peraltro l’apertura di sedi di mera rappresentanza costituisce scelta organizzativa da valutarsi in una logica costi-benefici che, in ogni caso, dovrebbe improntarsi, nell’attuale situazione economico-finanziaria, al più rigido contenimento delle spese e alla massima efficienza funzionale.
Tutt’altra fattispecie, prevista dalla stessa Costituzione e da numerose leggi attuative, è quella della esistenza, storicamente consolidata, di uffici periferici (come ad esempio i Provveditorati agli studi e le Sovraintendenze ai beni culturali e ambientali), che non può quindi confondersi in alcun modo con lo spostamento di sede dei Ministeri; spostamento non legittimato né dalla Costituzione che individua in Roma la capitale della Repubblica, né dalle leggi ordinarie, quale ad esempio l’articolo 17, comma 4-bis, della legge n. 400 del 1988, che consente di intervenire con regolamento ministeriale solo sull’individuazione degli uffici centrali e periferici e non sullo spostamento di sede dei Ministeri. Inoltre, il rapporto tra tali uffici periferici e gli enti locali va assicurato sull’intero territorio nazionale nell’ambito dei già delineati uffici territoriali di Governo”.
”Va peraltro rilevato che a fronte della scelta, non avente connotati di particolare rilievo istituzionale, di aprire meri uffici di rappresentanza, non giova alla chiarezza – spiega il Capo dello Stato nella lettera inviata al premier una recente nota della Presidenza del Consiglio, che inquadra tale iniziativa nell’ambito di ”intese gia’ raggiunte sugli uffici decentrati e di rappresentanza di alcuni ministeri sia al Nord che al Sud, come gia’ in essere per molti altri ministeri”, cosi’ preludendo ad ulteriori dispersioni degli assetti organizzativi dei Ministeri tanto da consentire la prefigurazione, da parte di esponenti dello stesso Governo, di casuali localizzazioni in vari siti regionali o municipali delle amministrazioni centrali”.
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