Berlusconi – Napolitano, il grande freddo: “Devo difendermi”. “Fallo in tribunale”

Pubblicato il 12 Febbraio 2011 - 00:01 OLTRE 6 MESI FA

Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi

ROMA  – Oltre un’ora di colloquio, ma alla fine ognuno è rimasto sulle sue posizioni: continua a segnare gelo il barometro dei rapporti  tra Quirinale e Palazzo Chigi.

Da un lato Silvio Berlusconi, salito al Colle per dire personalmente al capo dello Stato come la pensa su ciò che sta avvenendo nel Paese; dall’altro Giorgio Napolitano che esprime preoccupazione, inquietudine e allarme per lo scontro istituzionale in corso fra il premier e la magistratura.

E dice basta a continui ”strappi” mediatici indicando nella Costituzione l’unica vera garanzia del giusto processo. Un colloquio lungo, in cui si toccano diversi temi, compresi quelli economici. Ma il nocciolo del faccia a faccia, inevitabilmente, è il rapporto fra il Cavaliere e la giustizia.

Berlusconi va al Quirinale intenzionato a sostenere le sue ragioni, a denunciare quella che reputa una ”persecuzione”, un ”golpe” sortito da alcuni pm politicizzati, con la complicità  di media e giornali. Ma soprattutto per cercare una ‘sponda’ che consenta di trovare una soluzione al conflitto in atto fra poteri, permettendo al governo di andare avanti con le riforme, compresa quella della giustizia e delle intercettazioni .

Un conflitto che, paventa il Cavaliere, potrebbe tracimare dalle istituzioni alle piazze, così come è accaduto ad Arcore o davanti al palazzo di Giustizia di Milano. Un tentativo fermato sul nascere dal comunicato diffuso dal Colle poco prima dell’incontro: un modo per anticipare al capo del governo che Napolitano non intende cambiare posizione o, peggio, farsi tirare per la ‘giacchetta’.

L’opportunità per esprimersi sul tema viene offerta al capo dello Stato da un incontro con il Comitato di Presidenza e una rappresentanza del Csm. Una consultazione, precisa la nota del Colle, ”richiesta da tempo”. Lo stesso comunicato sottolinea come siano stati i rappresentati del Csm a sollevare l’argomento, esprimendo ”preoccupazione” per ”l’aspro conflitto istituzionale in atto”.

Inquietudine condivisa dal presidente della Repubblica che risponde confermando parole già espresse in passato: ”Nella Costituzione e nella legge possono trovarsi i riferimenti di principio e i canali normativi e procedurali per far valere insieme le ragioni della legalità nel loro necessario rigore e le garanzie del giusto processo”.

Fuori di questo quadro, è la conclusione del capo dello Stato, ”ci sono solo le tentazioni di conflitti istituzionali e di strappi mediatici che non possono condurre, per nessuno, a conclusioni di verità e di giustizia”’. Un messaggio chiarissimo, dunque, quello recapitato dal Colle al premier: l’unico modo per rispondere alle accuse è quello di farlo nelle competenti sedi giudiziarie, non certo in alzando i toni dello scontro con interviste e messaggi tv.

Dal canto suo il capo del governo, pur tenendo toni bassi seguendo i consigli di Gianni Letta e Angelino Alfano, ha mantenuto la linea: ha sostenuto che l’interesse primario del Paese è quello che al presidente del Consiglio sia consentito di governare, portando a termine quelle riforme chieste dagli elettori attraverso il voto, senza doversi difendere continuamente da accuse che giudica totalmente infondate.

Ma ha anche assicurato di non voler forzare la mano, magari ricorrendo alla decretazione d’urgenza. Nessuna volontà di ‘strappi’, dunque, anche nella consapevolezza che senza un dialogo con il Colle nessun provvedimento avrebbe chance di passare. Ma allo stesso tempo la determinazione a non farsi paralizzare, avrebbe ribadito, da inchieste che hanno il solo scopo cacciarlo da palazzo Chigi, come nel ’94, anche in considerazione del fatto che in Parlamento una maggioranza non solo c’è ma sarà presto allargata.