Napolitano deciso: Amato o Letta premier per governo di larghe intese

di Redazione Blitz
Pubblicato il 21 Aprile 2013 - 09:30 OLTRE 6 MESI FA
Napolitano deciso: Amato o Letta premier per governo di larghe intese (LaPresse)

ROMA – No, per ora non si andrà a elezioni subito. Giorgio Napolitano, rieletto presidente della Repubblica, resta capo dello Stato, ma con un potere che negli ultimi sei mesi non aveva: sciogliere le Camere. Un potere che però cercherà di non usare.

Però il prossimo mandato sarà quello di “una presidenza più forte in un sistema più debole”, come spiega Stefano Folli sul Sole 24 Ore. Napolitano ha posto come condizione del suo inedito bis al Quirinale un nulla osta dai partiti: vuole un governo di larghe intese con un presidente del Consiglio come Giuliano Amato, Enrico Letta o Anna Maria Cancellieri. Un premier di ricostruzione, come spiega Fabio Martini su La Stampa:

«[…] da quando Giorgio Napolitano ha accettato di essere rieletto, il governo delle larghe intese è diventato da improbabile a possibile. Il motivo è semplice: Napolitano, come condizione per restare, ha chiesto carta bianca sul governo. Carta bianca gli è stata concessa e riguarda la disponibilità – offerta da Bersani, Berlusconi, Maroni e Monti a convivere con gli altri. Il resto ovviamente sarà oggetto di trattativa. A cominciare dalla scelta del presidente del Consiglio.

E proseguendo con un’altra questione che per dirla con un ex ministro di Berlusconi come Gianfranco Rotondi, «aprirà un autentico psicodramma»: i partiti staranno dentro a pieno titolo, manderanno dei tecnici, oppure si escogiterà una terza via? Per quanto riguarda il capo del governo ieri mattina in pole position c’era Giuliano Amato, perché il Capo dello Stato continua a considerare il «dottor Sottile» il miglior candidato possibile per guidare un governo incaricato di confezionare nel modo tecnicamente migliore riforme corpose e poi farle approvare.

Ma per tutto il pomeriggio i partiti hanno rumoreggiato. Amato, per una serie di ragioni «storiche» che non attengono alle sue capacità politiche (anche i detrattori lo considerano un fuoriclasse), il due volte presidente del Consiglio è poco amato dal Pd (di cui è stato tra i fondatori) e respinto dalla Lega. Roberto Maroni: «Amato non può fare il premier». È per questo motivo che nel corso della giornata ha via via preso quota la candidatura di Enrico Letta. Quarantasei anni, allievo di Beniamino Andreatta, Letta ha acquisito una solida cultura di governo (tre volte ministro, una volta sottosegretario alla Presidenza con Prodi) e da vicesegretario del Pd è in posizione strategica per prendere il testimone da Pier Luigi Bersani. Ma il gruppo di comando del Pd – Bersani, Letta, Franceschini – sta maturando l’idea di cercare una personalità capace di “parlare” allo spirito del tempo, oltreché alla base elettorale progressista. Un personaggio come Sergio Chiamparino».

Ritornerà d’attualità il lavoro dei dieci “saggi” nominati da Napolitano, che erano stati dileggiati dai giornali fino a qualche giorno fa. Quegli stessi saggi potrebbero essere ministri del prossimo governo. Il Sole 24 Ore dedica un intera paginata alle proposte che avevano elaborato e che erano cadute subito nel dimenticatoio:

1. Sì alla delega fiscale
2. Pagare tutti i debiti della P.A. verso le imprese entro il 2015
3. Più risorse al fondo di garanzia per le piccole e medie imprese
4. Correzioni alla legge Fornero sul lavoro e risoluzione del problema esodati
5. Revisione dell’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori sulla rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro. Partecipazione dei lavoratori nell’impresa
6. Legge elettorale con sistema misto, in parte proporzionale, in parte maggioritario
7. Superamento del bicameralismo perfetto con un Senato federale e la sola Camera che eserciti funzioni politiche. Deputati da 630 a 480 e senatori da 315 a 120.
8. Rivedere la legge sul finanziamento pubblico ai partiti, ma senza eliminarlo
9. Rivedere la legge sul conflitto di interessi introducendo la “cessione della proprietà” o il “blind trust”
10. Giustizia: limiti all’uso delle intercettazioni telefoniche.