Napolitano agli italiani: “Senza giovani la partita del futuro è persa”

Pubblicato il 1 Gennaio 2011 - 14:11 OLTRE 6 MESI FA

Giorgio Napolitano

E’ quasi interamente dedicato ai giovani, in modo non formale, il quinto discorso di fine anno del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che si dice ”preoccupato ” dal loro ”malessere” e chiede a tutti di prendere in considerazione i problemi che indicano perché sono i problemi di tutti, gli stessi dell’Italia e del suo futuro. ”Se non apriamo a questi ragazzi nuove possibilità di occupazione e di vita dignitosa, nuove opportunità di affermazione sociale – dice -, la partita del futuro è persa non solo per loro, ma per tutti, per l’Italia : ed è in scacco la democrazia”.

Napolitano, che nei giorni della contestazione alla riforma Gelmini ha ricevuto al Quirinale una delegazione di studenti, ha ricevuto numerose lettere di giovani e di genitori che si immedesimano nel malessere dei figli. Ne è rimasto colpito, e da qui è nato il taglio del suo discorso che contiene richiami crudi, realistici, veritieri, un invito a guardare la realtà per trovare in essa la molla per reagire. Il capo dello Stato non tralascia di parlare delle spine della politica quotidiana, ma le tiene sullo sfondo. Ricorda, ad esempio, di avere già sollecitato un salto di qualità della politica, affinché esprima ”uno spirito di condivisione delle sfide”, poiché è ”in gioco la dignità, la moralità, la capacità di offrire un riferimento e una guida”.

Sollecita i cittadini che lo hanno ascoltano per venti minuti a partecipare. Dice: ”la politica siete anche voi, potete animarla e rinnovarla”. La politica è la via per affrontare i grandi problemi, a cominciare dalla riduzione del debito pubblico, un peso che ”non possiamo lasciare sulle spalle delle generazioni future”, sarebbe ”una vera e propria colpa storica e morale”. Occorre una ”profonda riforma fiscale”, per avere le risorse bisogna fare pagare le imposte a chi non le paga. Per affrontare questi e altri problemi, occorre ”un confronto serio, costruttivo responsabile fra le forze politiche e sociali, fuori dall’abituale frastuono e da ogni calcolo tattico”.

Occorre individuare ”priorità” della spesa pubblica, avere una strategia finalizzata ad una crescita economica e sociale ”più sostenuta”, senza la quale rischiamo ”il declino” anche in seno all’Unione Europea. Naturalmente, le scelte concrete, precisa, non competono a me, ma al governo e al parlamento. Ma io ho il dovere di indicare le strategie e richiamare responsabilità dello Stato e anche dei privati che, ad esempio, devono investire di più nella ricerca”. Un grande problema è ”l’indispensabile elevamento della produttività”, dice augurandosi (senza citare la Fiat) che il difficile confronto in atto evolva in modo costruttivo”.

Il problema è la competitività del sistema-paese. Rafforzarla richiede ”il superamento di molti ritardi, di evidenti fragilità, comporta lo scioglimento di molti nodi riconducibili a riforme finora mancate”. Ci vuole ”coraggio politico e sociale” per fare queste cose, per dare risposte al malessere e alle disuguaglianze sociali, all’impoverimento degli operai e dei ceti medi ”specie nelle famiglie con piu’ figli e un solo reddito”, e soprattutto di fonte alla piaga della disoccupazione che da tre anni cresce ”sotto l’urto della crisi globale”.

Quindi rilancia sulla riforma fiscale. Il capo dello Stato cita poi impietosamente i dati record della disoccupazione: due milioni di senza lavoro, la meta’ nel Mezzogiorno; il 24,7% giovani, un tasso che nel Sud tocca la punta ”drammatica” del 35,2%, e per le donne e’ ancora piu’ alta. Possiamo farcela, dice Napolitano, perche’ ”speriamo e crediamo nell’Italia”. Per trovare ”le energie e la volonta’ non dobbiamo nasconderci nessun problema”, anzi i problemi dobbiamo guardarli in faccia, e renderci conto del mondo in cui viviamo. Dobbiamo capire la crisi e le sue origini, senza farci ”paralizzare dall’ansia”. Non dobbiamo rinunciare a sognare benessere e crescita.

Ma dobbiamo sapere che viviamo un processo di globalizzazione ”tutt’ora ambiguo”, e che noi facciamo ”strettamente” parte dell’Europa, lo scenario in cui dobbiamo fare la nostra parte, superando ”l’illusione dell’autosufficienza”, accentandone i vincoli e cogliendone le opportunità, cercando una nuova prospettiva di sviluppo. Ci vuole piu’ integrazione europea anche per difendere l’Euro dagli attacchi e superare una ”insidiosa crisi finanziaria”. Bisogna aprire questa nuova strada, dice il presidente, senza sognare, come sanno bene i giovani, ”un futuro di certezze, magari garantite dallo Stato”. Napolitano ricorda il valore dell’unità nazionale e delle celebrazioni del 150.mo anniversario dell’unificazione, di una storia che ”e’ patrimonio vivo” che si riflette nella Costituzione ”animata da luminosi principi”. Lo Stato unitario si sta rinnovando con il federalismo fiscale che dovra’ essere attuato ”in piena aderenza ai principi di solidarieta’ e coesione sociale”. Deve rinnovarsi anche ”sanando la ferita del divario Nord-Sud, che si va aggravando”.

Il futuro da costruire richiede un impegno generalizzato e deve guardare soprattutto ai giovani, che Napolitano ”mette in guardia contro ogni cedimento alla tentazione fuorviante e perdente del ricorso alla violenza”, e invita ad impegnarsi negli studi e nel rinnovamento dell’università.”Dobbiamo investire sui giovani, scommettere su di loro. Possiamo ben aprici la strada verso un futuro degno. Facciano tutti la loro parte: quanti hanno maggiori responsabilita’ ed ogni comunita’ ed ogni cittadino. Anche a Napoli – conclude Napolitano – ognuno faccia la sua parte, nello spirito di un impegno comune, senza cedere al fatalismo e senza tirarsi indietro. Sentire l’Italia, volerla più unita e migliore, significa anche questo, sentire come proprio il travaglio di ogni sua parte.