Ndrangheta a Reggio Emilia. Grillo: antimafia senti Delrio!

di Sergio Carli
Pubblicato il 9 Febbraio 2016 - 06:55 OLTRE 6 MESI FA
'Ndrangheta a Reggio Emilia. Grillo: antimafia senti Delrio!

Ndrangheta a Reggio Emilia. Beppe Grillo mette in mora Rosi Rosy Bindi chiedendole di convocare il ministro e ex sindaco Graziano Delrio, nella foto a Cutri, in Calabria nel 2009 per la festa del Santissimo Crocifisso

REGGIO EMILIA – Ndrangheta a Reggio Emilia, Antimafia in silenzio. Davanti allo scandalo della espansione mafiosa della ndrangheta a Reggio EmiliaBeppe Grillo via Twitter e sul suo blog mette in mora Rosi Rosy Bindi. Perché chiede Beppe Grillo e con lui il Movimento 5 Stelle, la Commissione Antimafia non sente il ministro Graziano Delrio sulle infiltrazioni della ndrangheta a Reggio Emilia, di cui Delrio fu sindaco fino a pochissimi anni fa? Su Twitter Beppe Grillo ha firmato questo messaggio:

“La Bindi ha completamente svilito il ruolo della Commissione Antimafia#BindiFaiIlTuoDovere di fronte a quanto avviene a Reggio Emilia”.

Il rinvio è al blog. Intanto il tweet è stato ritwittato enne volte, con aggiunte tipo:

“Convoca Delrio in Antimafia”, “Oppure dimettiti”.

Rosi Rosy Bindi fu pronta a sollevare un polverone definendo impresentabili, alla vigilia delle elezioni regionali 2015, persone nemmeno condannate; ora, davanti alle rivelazioni della Gazzetta di Reggio, quotidiano tutto meno che di destra, anzi probabilmente tra i più a sinistra fra i giornali locali del Gruppo Espresso, sullo scempio di Reggio Emilia e sulla presenza della ‘ndrangheta calabrese, la Commissione parlamentare Antimafia tace.

La lettura degli articoli della Gazzetta fa venire i capelli dritti anche a chi non ne ha più. Ci sono statistiche, audio, video come questo frutto di una intercettazione dei carabinieri nei giorni del terremoto del 2012. Si capisce poco perché parlano in dialetto calabrese, ma le didascalie aiutano e le risatine di gioia quando i due interlocutori commentano il terremoto non hanno bisogno di traduzioni.

Più che Rosi Rosy Bindi, bersaglio del blog di Beppe Grillo è Graziano Delrio, oggi ministro delle Infrastrutture ma in precedenza sindaco di Reggio Emilia.

Le “mani sulla città” della ‘ndrangheta a Reggio Emilia risalgono a una era precedente a quella di Delrio Sindaco, ma lo stesso Delrio ha vissuto attimi imbarazzanti, come essere andato alla processione di Cutro, il “paese dei boss” sulla costa jonica della Calabria. Sono attimi che riaffiorano in una delle puntate della Gazzetta di Reggio, insieme con un foto in un articolo pubblicitario sul Sole 24 Ore. Certo non ci sono agli atti sue infiammate denunce.

Nella inchiesta della Gazzetta di Reggio sulla ndrangheta a Reggio Emilia parla anche Nicola Gratteri, procuratore aggiunto alla procura della Repubblica di Reggio Calabria, sotto scorta dal 1989. Nicola Gratteri, ha scritto Paolo Cagnan in un documentatissimo articolo,

“conosce bene le ‘ndrine perché le combatte da sempre. E ne conosce bene anche la genesi e l’evoluzione in Emilia, dove è ormai quasi di casa, impegnato nella battaglia per la legalità. Come siano andate le cose, in quegli anni, a Reggio, lo ha detto in molte interviste e interventi pubblici: “Un imprenditore normale, quando decide di costruire un palazzo di cinque piani, vende almeno metà degli appartamenti sulla carta: con quei soldi costruisce il palazzo e il resto è il guadagno. Se io imprenditore costruisco cento appartamenti e non li vendo, mi puzza. Non rientra nel libero mercato, mi pare strano no? In tutta Italia diminuiscono i depositi bancari, in provincia di reggio Emilia sono aumentati del 20-25 per cento”.

La Gazzetta riproduce anche un video del Movimento 5 Stelle, in cui Gratteri parla al minuto 6’03:

“Ascoltatelo, o rileggete questa sua ampia intervista sulla ‘ndrangheta a Reggio Emilia”

esorta Paolo Cagnan.

Sul blog di Beppe Grillo è stato pubblicato il testo di un intervento di M5S Camera:

“Ritengo fondamentale che la lotta alla mafia e le tante difficili circostanze in cui essa si svolge a tutti i livelli non siano considerate, o peggio usate, come mezzo di lotta politica o di divisione partitica, strumentalizzabili in un senso o nell’altro a seconda delle convenienze politiche o delle diverse contingenze”. Queste sono le parole pronunciate dalla presidente dell’Antimafia, Rosy Bindi, prima di avviare le audizioni in commissione, dimenticate alla velocità del lampo quando il M5S ha chiesto di far luce sul caso di Reggio Emilia che riguarda anche il ministro Delrio.

Assecondando il Pd nella scelta di chiudere non uno ma tutti e due gli occhi (“bisogna verificare che non sia solo un caso giornalistico” è stata la risposta a proposito di Reggio Emilia), la Bindi ha completamente svilito l’importante ruolo di questa istituzione che fu la stessa di Pio La Torre e dalla quale – grazie alle cosiddette “relazioni di minoranza” – i cittadini hanno cominciato a leggere nero su bianco la parola “mafia” e apprendere il suo livello di penetrazione nelle istituzioni italiane.

Ora il presidente dalla commissione ridia dignità all’Istituzione che rappresenta, faccia sì che l’antimafia si occupi veramente di lotta alla mafia e non diventi solamente il “Bar dello Sport” del Pd come avvenuto nelle ultime settimane. La Bindi convochi il ministro ed ex sindaco di Reggio Emilia, Graziano Delrio, l’attuale sindaco, Luca Vecchi, e sua moglie, Maria Sergio, dirigente all’urbanistica nominata proprio da Delrio. Quanto sta emergendo a proposito della presenza della ‘ndrangheta nella vita pubblica della città emiliana è quanto meno inquietante. Dalle primarie del Pd che sarebbero state inquinate, a tutti gli appalti affidati a ditte che sono finite puntualmente colpite da inchieste o da interdittive antimafia, dalla lettera inviata dal carcere al sindaco in cui si fanno pesanti allusioni fino alla casa acquistata dall’attuale sindaco e dalla moglie (appunto dirigente all’Urbanistica) dalle mani di un presunto ‘ndranghetista coinvolto nella più grande retata antimafia mai vista nella pianura padana: l’operazione Aemilia.

Ma la Bindi è del Pd, come può fare? Semplice, basta non utilizzare la commissione antimafia come – ipse dixit – “mezzo di lotta politica o di divisione partitica“. In altre parole, di fronte a tutto quanto sta venendo fuori su Reggio Emilia, faccia il suo dovere”.