Spunta la norma anti-Veronica: il padre decide sulla legittima dei figli

di Warsamé Dini Casali
Pubblicato il 25 Ottobre 2011 - 09:57 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Ci pensava da mesi Berlusconi al modo migliore per sistemare l’eredità di famiglia: la revisione della “legittima” spuntato a pagina 203 del decreto sviluppo gli ha offerto forse l’ultima possibilità di poter incidere direttamente e sistemare la questione una volta per tutte. 5 figli, di cui due da un primo matrimonio, tre dal secondo e un asse ereditario complicato da una separazione con la seconda moglie che potrebbero volerci anni prima che si trasformi in divorzi: sono problemi, specie se si vuol impedire che il controllo dell’impero finisca a una delle due parti, fatalmente sbilanciato dalla parte dei figli di Veronica.

I figli sono tutti uguali secondo il nostro codice civile, e lo sono anche al momento del decesso dei genitori. Per questo la legge attualmente in vigore impedisce al genitore di designare un figlio più uguale dell’altro in sede testamentaria. L’attuale legge funziona così: il patrimonio è diviso in due parti, una può essere lasciata in eredità a chi si vuole, l’altra parte al figlio o ai figli (legittima). A un figlio unico spetta metà del patrimonio, più figli devono dividersi i due terzi del patrimonio in parti uguali. Il codicillo introdotto prevede che solo una metà della legittima sia diviso in parti uguali, l’altra metà essendo nella disponibilità della volontà del redattore testamentario. Sia pur spuntata alla chetichella, la norma, se approvata, rivoluzionerebbe il diritto di famiglia, consentendo al genitore di designare il figlio prediletto. Il professor Cesare Rimini, ordinario di di Diritto Privato, esprime il suo sconcerto per il fatto che un cambiamento di questa portata venga introdotto per decreto.

I commentatori di opposizione hanno buon gioco a definirla l’ennesima legge ad personam, la numero 40 per essere precisi. Anche nel momento più drammatico della crisi e del confronto con le istituzioni europee per porvi rimedio, Berlusconi avrebbe trovato modo e tempo per infilare di soppiatto tra le pieghe di un decreto sviluppo quanto mai penato, un cavillo che gli garantisca più autonomia nel dividere la Fininvest. Sostiene il vicepresidente della Commissione Bilancio Giuseppe Marinello che questa “è una misura molto attesa dal mondo delle piccole e medie imprese a conduzione familiare, sa”.  Un padre deve avere il diritto di lasciare l’azienda al figlio più dotato. Però, sinceramente, il grande dibattito tra i piccoli imprenditori ci era sfuggito.

Non sfugge a nessuno, però, il nesso tra la norma e la divisione di un patrimonio familiare che Forbes stimava, prima della crisi dei mercati, in 5,6 miliardi di euro e di cui il Cavaliere detiene in prima persona i 3/4.  Che comprende il 65% di Fininvest che controlla il 40% di Mediaset, il 35% di Mediolanum, la totalità del Milan, più un immenso patrimonio immobiliare sparso tra i quattro angoli del pianeta. Il progetto del premier è di dividerlo sostanzialmente in due: una metà a Marina e Piersilvio, l’altra metà ai 3 figli avuti con Veronica. La quale ottenne che le quote societarie di Fininvest assegnate ai tre figli salissero al 21% così da pareggiare il 7% ciascuno di Marina e Piersilvio.

Ma Veronica ha un’altra carta in mano: rifiutando la separazione consensuale di fatto procrastina sempre più la data del divorzio. Facendo gli scongiuri del caso salta agli occhi la differenza di età con Berlusconi, del quale è più giovane di 20 anni. Con le norme attuali, qualora Berlusconi venisse a mancare, la signora Lario, ancora coniugata, sarebbe destinataria del 25% dell’eredità, scompaginando naturalmente tutti i piani di successione immaginati dal marito. E, soprattutto, avrebbe assicurata la maggioranza dell’intera holding Fininvest. L’articolo 537 bis contenuto nel decreto sviluppo ci metterebbe una bella pezza.