Centrali nucleari, le Regioni non possono dire di no: sentenza della Consulta

Pubblicato il 23 Giugno 2010 - 17:26 OLTRE 6 MESI FA

I siti nucleari li sceglie il governo e non le Regioni. La Corte costituzionale infatti ha respinto i  ricorsi  sollevati da undici Regioni (divenute poi 10 con il ritiro del Piemonte, nel frattempo passato nelle mani del leghista Roberto Cota) contro la legge delega del 2009 sul ritorno all’atomo, dichiarandoli in parte infondati e in parte inammissibili. Cade così l’ultimo ostacolo al ritorno dell’atomo in Italia, anche se le motivazioni della sentenza verranno rese notesolo nelle prossime settimane, quando saranno scritte dal vicepresidente della Corte Ugo De Siervo.

Secondo i governatori di Toscana, Umbria, Liguria, Puglia, Basilicata, Lazio, Calabria, Marche, Emilia-Romagna e Molise la delega a Palazzo Chigi in materia nucleare non rispettava il Titolo V della Costituzione sulle competenze regionali in merito alla produzione di energia e al governo del territorio.

Ora che la Corte ha accolto di fatto la politica governativa sembra avvicinarsi l’obiettivo 2013 per le prime nuove centrali nello Stivale. Fra i nomi che puntualmente ritornano, al di la’ delle dichiarazioni contrarie di alcuni presidenti di Regione, ci sono quelli gia’ scelti per i precedenti impianti, poi chiusi in seguito al referendum del 1987: Caorso, nel Piacentino, e Trino Vercellese (Vercelli), entrambi collocati nella Pianura Padana e quindi con basso rischio sismico ed alta disponibilita’ di acqua di fiume.

Fra i luoghi piu’ papabili, anche Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, che unisce alla scarsa sismicita’ la presenza dell’acqua di mare. Secondo altri, fra cui i Verdi e Legambiente, il quarto candidato ideale e’ Termoli, in provincia di Campobasso, mentre in altre circostanze si e’ fatto il nome di Porto Tolle, a Rovigo, dove c’e’ gia’ una centrale a olio combustibile in processo di conversione a carbone pulito. Gli altri nomi che ricorrono piu’ spesso sono Monfalcone (in provincia di Gorizia) Scanzano Jonico (Matera), Palma (Agrigento), Oristano e Chioggia (Venezia).

Il governo aveva avviato tre ricorsi contro Puglia, Basilicata e Campania – che con leggi ad hoc hanno escluso la costruzione di impianti nucleari e di depositi di stoccaggio del materiale radioattivo, ma senza previo accordo con lo Stato.

REAZIONI In questo modo si ”fuga ogni dubbio sulla legittimità della impostazione del Governo su questo tema chiave per lo sviluppo del paese”, afferma il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo che rende noto di aver chiesto al premier Berlusconi di ”accelerare le procedure per l’avvio dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare”.

”Se ci riusciamo entro il 2013 potremmo porre la prima pietra per la costituzione della prima centrale nucleare in Italia”, dice il viceministro dello Sviluppo Economico Adolfo Urso. Gli fa eco il ministro degli Affari regionali, Raffaele Fitto, secondo cui la Consulta ”conferma il principio della competenza nazionale su questioni dalle quali dipende il futuro del paese nel suo complesso oltre che dei singoli territori”.

Ma per l’opposizione e per gli ambientalisti la partita non e’ ancora chiusa: il leader dell’Idv Antonio di Pietro darà battaglia con il referendum, mentre per Angelo Bonelli (Verdi) si dovrà attendere che la Corte si pronunci anche sul ricorso contro il decreto delegato dello scorso febbraio le cui procedure – sostiene – ”non solo sono anomale ma fortemente in contrasto con la Costituzione”. Per il Wwf il governo e’ ”ora solo di fronte alla decisione sul futuro nucleare dell’Italia”, e anche Legambiente ritiene che la decisione della Corte non cambi la sostanza perche’ ”la quasi totalità delle Regioni italiane, governate dal centro destra e dal centro sinistra, e la maggior parte dei cittadini non vogliono sentir parlare di ritorno al nucleare”.