Open. Renzi e il caso della villa: “Il prestito fu restituito. Un avvertimento dei pm”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 28 Novembre 2019 - 11:24| Aggiornato il 11 Dicembre 2019 OLTRE 6 MESI FA
Open, tempesta giudiziaria su Renzi. Il caso della villa: "Prestito restituito. Avvertimento dei pm"

Matteo Renzi e MarcoCarrai nella foto Ansa

ROMA – Il caso delle perquisizioni ai finanziatori di Open, cassaforte renziana dietro la Leopolda, agita la scena politica. E sono in arrivo nuove rivelazioni sulla stampa, in particolare i nomi di parlamentari in carica che avrebbero avuto carte di credito della fondazione. Mentre l’Espresso scrive che Renzi avrebbe comprato la sua villa con un prestito da 700 mila euro di un finanziatore di Open.

“Falso, sono soldi prestati da una conoscente e restituiti”, replica Renzi. Che annuncia querela e legge quello sulla villa come un “avvertimento” per le sue critiche ai pm. E sfida maggioranza e opposizione su una ricognizione complessiva della legge sul finanziamento ai partiti. Come dire, e la srl Casaleggio & Associati che controlla M5S? E i rubli verso la Lega?

Renzi: “Casa mia non c’entra niente con la Fondazione Open”

“La vicenda di casa mia non c’entra niente con la fondazione Open. Ho comprato casa a Firenze per 1.300.000 euro e ho venduto la mia casa di Pontassieve per 830.000 euro. Prima che si perfezionasse la vendita – in attesa di avere la disponibilità finanziaria – ho chiesto un prestito nel giugno 2018 a una conoscente, prestito che ho prontamente restituito nel novembre dello stesso anno”. “Sporgo denuncia per sapere chi ha diffuso questa notizia: sono certo che la procura di Firenze sarà tempestiva nell’indagare”.

L’inchiesta su Open

Il denaro arrivava nelle casse di Open e poi sarebbe stato usato sistematicamente per sostenere iniziative politiche senza rispettare, però, la legge sul finanziamento ai partiti. E’ la tesi di pm e GdF che nelle ultime 48 ore hanno eseguito oltre 30 perquisizioni disposte dalla procura di Firenze per far luce sui flussi nelle casse della fondazione. La tesi dell’accusa è che Open, ‘cassaforte’ renziana, sia stata impiegata come una vera e propria “articolazione del partito”.

Carte di credito ai parlamentari?

E carte di credito e bancomat sarebbero state in uso ad alcuni parlamentari, ai quali sarebbero stati elargiti anche rimborsi spese. Nell’indagine, partita con accertamenti sull’ex presidente di Open Alberto Bianchi, accusato di traffico di influenze illecite e di finanziamento illecito ai partiti, è indagato anche l’imprenditore Marco Carrai, amico di Matteo Renzi e già componente del cda di Open. Anche a Carrai, come Bianchi, i pm Luca Turco e Antonino Nastasi contestano il reato di finanziamento illecito ai partiti.

I finanziatori di Open

Tra i finanziatori di Open che hanno ricevuto la visita della finanza ci sono i fratelli Aleotti, al vertice della multinazionale del farmaco Menarini (a tal proposito il presidente del Gruppo Menarini, Eric Cornut, ci tiene a precisare di il gruppo “non ha mai elargito alcuna donazione alla Fondazione Open, né ha mai intrattenuto rapporti professionali con alcuno degli indagati”), esponenti della famiglia Bassilichi e Davide Serra . Le fiamme gialle inoltre si sono presentate alla impresa di costruzioni Pizzarotti di Parma, alla Garofalo Health Care, alla Getra di Napoli, alla British American Tobacco, alla sede di una società della famiglia Fratini di Firenze. Nel complesso i finanziamenti oggetto dell’inchiesta riguardano somme da 50mila fino a centinaia di migliaia di euro. 

Una transazione “sospetta” potrebbe spiegare il modus operandi. Ufficialmente, tramite la società Renexia il gruppo Toto avrebbe erogato a Open 25mila euro ma secondo la procura di Firenze per il tramite di Bianchi ne sarebbero arrivati altri 200mila. Le perquisizioni servono anche a capire se questo presunto meccanismo di finanziamento illecito sia stato replicato, magari in altre forme, con altri finanziatori.

Fonte: Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev.