Giannino si dimette, Fare senza leader. Gli elettori restano o vanno?

Pubblicato il 20 Febbraio 2013 - 16:06| Aggiornato il 20 Luglio 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Dimissioni irrevocabili. La resa di Oscar Giannino arriva su Twitter poco dopo le 16 e dopo più di tre ore di vertice.  Il fondatore di Fare si chiama fuori a tre giorni dal voto. Resta la domanda: che faranno gli elettori? Resteranno fedeli a un  Fare “acefalo” o finiranno per spalmare i loro voti sulle altre forze in campo?

Dimissioni irrevocabili da presidente in Direzione – scrive Giannino – I danni su di me per inoffensive ma gravi balle private non devono nuocere a Fare”.  Qualche minuto dopo arriva un secondo cinguettio: “E’ una regola secca: chi sbaglia paga. Deve valere in politica e soldi pubblici, io comincio dal privato.Ora giù a pestare dx, sx e centro!”.

Giannino, insomma, ammette l’errore e si chiama fuori. Un gesto che segna di fatto la fine, a tre giorni dalle elezioni, di Fare. Anche se, viste le scadenze, Giannino non vuole e non può ammetterlo.

I vertici del movimento sono stati chiusi per più di tre ore  nelle stanze dell’hotel Diana, a Roma. Ore per decidere quale fosse il “male minore” tra l’andare avanti con un leader compromesso o il suicidio politico. I vertici di Fare, fermare il declino erano chiamati  a decidere se andare avanti con o senza Oscar Giannino, ovvero colui che il movimento ha fondato e diretto e che, in sostanza col movimento coincide.

Non è solo questione di leadership, è questione di sopravvivenza “politica”. Perché  tutti i voti di Fare, non tanti ma potenzialmente decisivi almeno in Lombardia, proprio a Giannino si devono. E’ stato lui,  per l’abbigliamento e non solo, l’uomo della campagna elettorale, delle apparizioni tv, della raccolta fondi. Nessuno o quasi pensava di votare “Fare” in quanto “Fare”. Qualcuno, invece, aveva deciso di votare per Oscar Giannino.

Poi è arrivato il caso del master taroccato. Caso cominciato con una denuncia su Facebook di Luigi Zingales ed esploso tra spiegazioni dello stesso Giannino che hanno dato da subito l’impressione della toppa peggiore del buco. Prima il leader di Fare ha parlato di un “equivoco”, quindi di un “gravissimo errore”, ma di omesso controllo. Restano però video e audio in cui quel master, Giannino, racconta di averlo preso a Chicago. E resta l’impressione di una credibilità sgretolata proprio perché la forza di Fare era nel puntare sul merito, sui titoli presi (davvero). Tutto per fermare il declino dell’Italia. Il declino politico di Fare, invece, sembra inarrestabile. Anche senza Giannino.

Dopo il passo indietro di Giannino i vertici di Fare hanno scelto il nuovo presidente. Si tratta dell’avvocato Silvia Enrico. Quanto a Giannino, racconta l’Ansa citando partecipanti al vertice, è stato “irremovibile”. Nessuna possibilità, insomma, di convincerlo a rimanere anche se, dimissioni o meno, Giannino resta candidato premier a tutti gli effetti. A tre giorni dal voto, con le liste e i simboli depositati e le schede elettorali già pronte non si può davvero fare diversamente.