La grassa repubblica di Palazzo Chigi: 3.500 posti e stipendi doppi

di Riccardo Galli
Pubblicato il 19 Maggio 2011 - 16:13| Aggiornato il 18 Aprile 2020 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La crisi da noi si è sentita meno che altrove. Il peggio è passato. L’Italia è fuori dalla crisi… Affermazioni che il governo, in primis per bocca del ministro Tremonti e poi confermate dal premier Berlusconi, continua a ripetere come un disco rotto da mesi, nonostante il paese sembri raccontare una realtà diversa. Un articolo di Sergio Rizzo sul Corriere forse ne spiega il motivo. Gli stipendi dei dipendenti non dirigenti di palazzo Chigi sono aumentati, dal 2007 ad oggi, del 14,7%. La retribuzione media di quegli stessi dipendenti è di 42.951 euro annui. Ecco perché a palazzo Chigi la crisi non si sente, semplicemente da quelle parti non è mai arrivata.

Quanti siano realmente i dipendenti in questione è un mistero, alla faccia delle norme sulla semplificazione e sulla trasparenza tanto volute e pubblicizzate da Brunetta. Inutile cercare nel bilancio. Inutile pure frugare nel Conto annuale della Ragioneria. Di sicuro c’è solo che i dipendenti della presidenza del Consiglio costano cari, aver a che fare col Cavaliere, vedendo queste cifre, deve essere un lavoro davvero duro. L’ultima relazione sul costo del lavoro pubblico appena sfornata dalla Corte dei conti rivela che per il solo personale non dirigente a tempo indeterminato di Palazzo Chigi sono stati spesi nel 2009 ben 130 milioni 862 mila euro, spesi da noi s’intende visto che di dipendenti pubblici si tratta. Con un piccolo aumento del 22,7% rispetto al 2007 (unico anno completo della gestione di Romano Prodi). E questo nonostante il numero dei dipendenti fissi non dirigenti della presidenza si sarebbe ridotto, sulla carta, di ben 339 unità, passando da 2.355 a 2.016. Riduzione, tuttavia, solo apparente. Almeno a giudicare da altre informazioni contenute nella relazione dei magistrati contabili. Dove si dice, per esempio, che la retribuzione media procapite è stata nel 2009 di 42.951 euro. Dividendo per questa cifra la spesa complessiva di quasi 131 milioni si ottiene 3.046: ovvero il numero reale degli stipendi pagati (sempre senza considerare i dirigenti) da Palazzo Chigi.

Quindi 1030 dipendenti in più rispetto a quelli ufficiali e 204 in più rispetto a quelli del 2007. Magia? Molto più semplice: prestito. Mentre il personale fisso della presidenza del Consiglio diminuiva, quello preso in prestito da altre amministrazioni cresceva di anno in anno. Fra il 2001 e il 2009 l’aumento è stato del 28%. Nell’ultimo anno, secondo i magistrati contabili, i dipendenti in prestito sono cresciuti ancora dell’11,5%, arrivando a rappresentare ormai «più del 43% del personale» di palazzo Chigi.

E non è tutto. La paga di chi lavora alla presidenza del consiglio è più alta mediamente del 56,6% rispetto a quella dei normali ministeri: 42.951 euro l’anno contro 27.418. Fra il 2007 e il 2009, inoltre, lo stipendio medio è cresciuto del 14,7%, a fronte di un incremento di appena il 2,7% delle retribuzioni ministeriali. Astronomica poi la quantità di «progressioni orizzontali», come in burocratese vengono definiti gli aumenti. In otto anni, dal 2001 al 2009, ce ne sono stati secondo la Corte dei Conti 6.193 per poco più di duemila dipendenti ufficiali. E ancora, nel 2010, anno in cui è stato deciso il blocco delle paghe del pubblico impiego causa crisi, «è stato sottoscritto», informa il bilancio di previsione 2011 di Palazzo Chigi, «il contratto del personale dirigenziale relativo al quadriennio 2006-2009 e quello del personale non dirigenziale». Accordi, aggiunge il documento contabile della presidenza, che «hanno determinato un onere complessivo a regime» pari a 7,8 milioni. Senza considerare poi alcune simpatiche deroghe, d’altra parte siamo il paese delle deroghe… La prima riguarda le norme Brunetta sulla meritocrazia della dirigenza, che al 10 marzo del 2011, hanno rivelato sempre i magistrati contabili, ancora non erano state applicate. Il perché non è chiaro, almeno quello ufficiale. La seconda, il taglio del 10% per le retribuzioni più elevate stabilito dal Tesoro l’anno scorso, rimasto a lungo congelato per gli alti dirigenti di Palazzo Chigi in virtù di alcuni «dubbi di natura interpretativa». Sarebbe divertente domandare cosa non abbiano capito e cosa abbiano bisogno di interpretare…

Una menzione meritano infine anche i dirigenti che, non volendo certo essere da meno, ammontano complessivamente a 377 unità. Circa il doppio di quelli che ha intorno a sé il premier britannico David Cameron al Cabinet office(198), struttura omologa alla Presidenza del consiglio italiana. Paragone non casuale visto che tra tutti i Paesi europei il Regno Unito è forse quello più comparabile al nostro per numero di abitanti, prodotto interno lordo, dimensioni del pubblico impiego e ruoli istituzionali. Eppure al Cabinet office sono sufficienti 1.337 dipendenti, numero due volte e mezzo inferiore a quello di palazzo Chigi: pari nel 2009, stando alle cifre che si ricavano dalle informazioni contenute nella relazione della Corte dei conti, a 3.423 unità compresi «prestiti» e dirigenti. A onor del vero va detto che in quella cifra sono calcolate anche le strutture dei ministeri senza portafoglio, praticamente dipartimenti della presidenza.

Non sono considerati, invece, gli staff. Dei quali si sa ancora meno. Entità metafisiche di cui non si trova quasi traccia nei conti italiani. Con assoluta, e normale, trasparenza, il bilancio di Cameron informa che la struttura del premier britannico può contare su 98 persone. Nell’ultimo bilancio di previsione di Palazzo Chigi c’è solo la notizia che i collaboratori di fiducia dei vertici politici assorbono il 10% della spesa complessiva per il personale. Voce però introvabile. L’anno scorso il documento contabile della presidenza aveva comunque stimato un esborso di 27 milioni e mezzo. Ammettendo che quei soldi siano stati spesi tutti, e calcolando una media ipotetica di 100 mila euro a persona, a Palazzo Chigi e nei ministeri senza portafoglio i collaboratori «di fiducia» sarebbero almeno 270. Il triplo del Cabinet office. E delle due l’una: o gli inglesi sono molto più bravi degli italiani per cui un numero fortemente inferiore di dipendenti è in grado di fare il lavoro che qui invece richiede il doppio, se non il triplo, di impiegati; o gli italiani sono molto più furbi. Purtroppo, come diceva Guzzanti, Corrado s’intende, la risposta è “la seconda che hai detto”.