Papa in carcere, Berlusconi nel bunker, Lega in trincea: fine di un’epoca

Pubblicato il 21 Luglio 2011 - 10:18 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – E adesso? La domanda è d’obbligo dopo che, mercoledì pomeriggio, la Camera ha detto sì all’arresto del deputato del Pdl Alfonso Papa. Hanno votato per il carcere in 319, maggioranza assoluta e ampia ma per Silvio Berlusconi, più che voti sono schiaffi. Schiaffi che fanno male visto che i numeri non mentono e mostrano un dato chiaro: una buona fetta della Lega ha detto sì all’arresto nonostante la contrarietà esplicita del premier, la contrarietà (più sfumata e contraddittoria) di Umberto Bossi e la “libertà di voto” scelta alla fine dalla Lega, uno stratagemma che sembrava preludere ad un risultato diverso.

Gli scenari possibili a questo punto per Berlusconi sono due: chiudersi nel bunker come Hitler e lottare fino alla fine oppure accettare di farsi da parte per ottenere un “governo d’emergenza” non dichiaratamente ostile. La storia politica di Berlusconi e le vicende di questi anni insegnano che l’ipotesi (molto) più probabile è la prima: smaltita la rabbia Berlusconi si vedrà con Bossi, parleranno e poi andrà in conferenza stampa a dire che la Lega è un alleato fedele e che non ci sono contrasti. Non ci crederà nessuno ma cambia poco. Il punto, piuttosto, è su cosa dovrà piegarsi Berlusconi per tenere la Lega al governo per un altro po’.

Eppure, stavolta, qualcosa di diverso c’è e non dipende da Berlusconi. La novità è  tutta interna alla Lega e passa per la leadership vacillante di Umberto Bossi: da Pontida in poi la spaccatura nella Lega è diventata conclamata con il senatur e il cerchio magico berlusconiano da una parte e Roberto Maroni e i suoi dall’altra. Due schieramenti che per ora combattono una guerra di trincea, fatta di piccoli casi (il tentativo fallito di far fuori un bossiano di ferro come il capogruppo Marco Reguzzoni) e dichiarazioni a mezza bocca. Bossi ha dalla sua la storia e il carisma, Maroni ha dalla sua il malcontento della base verso Berlusconi.  E il rapporto di forze, visto quanto emerso mercoledì alla Camera, sembra premiare l’ala del ministro dell’Interno. La Lega spaccata in due potrebbe essere il vero colpo ferale per Berlusconi ma dalle parti di Pontida hanno altri problemi, dal loro punto di vista più pressanti del destino del Cavaliere. I sondaggi, l’ultimo è il Demopolis di cui Blitz ha scritto il 20 luglio, mostrano che la Lega di governo barcolla e perde, scendendo addirittura sotto il 10%.

Un’emorragia che preoccupa i vertici e che potrebbe spingere l’ala di Maroni a forzare il blocco e a rompere l’asse con Berlusconi. Per capire i sentimenti del “popolo leghista” come scrime Elisabetta Reguitti sul Fatto Quotidiano, è sufficiente ascoltare per qualche ora Radio Padania. I sentimenti dei leghisti verso la casta sono gli stessi dei tempi di tangentopoli e c’è persino chi, nell’imminenza del voto su Papa, rimprovera Bossi per aver dimenticato il cappio (quello mostrato in Aula da Luca Leoni Orsenigo nel 1993). Sempre sul Fatto Luca Telese racconta dei messaggi sms ricevuti in Aula dai deputati del carroccio. I militanti, su Papa, hanno una linea chiara: “Mica manderete libero quello lì”.

La sola certezza, che Berlusconi resista o meno,  è che comunque, per ora, alle urne non si può tornare. Fare una manovra lacrime e sangue per tirar via per i capelli il Paese attaccato dagli speculatori e poi andare al voto sarebbe un suicidio. Non per Berlusconi (che il voto non lo vuole anche perché ha pochissime possibilità di vincere) ma per il Paese. Quello che è successo ai mercati nei giorni immediatamente precedenti alla manovra, in caso di assenza di governo, rischia di essere solo un antipasto. Gli speculatori sono pronti e aspettano il primo passo falso. Poi ci sono le privatizzazioni che fanno gola, quella dell’Eni su tutte. Senza un governo in carica la difesa dagli speculatori diventerebbe presto una missione impossibile.