Pd, Letta: “Basta politica fatta di battute”. Renzi: “Basta rinvii”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Settembre 2013 - 23:44 OLTRE 6 MESI FA
Pd, Letta: "Basta politica fatta di battute". Renzi: "Fare cose senza rinvii"

Enrico Letta, Matteo Renzi (foto Lapresse)

FIRENZE – Arriva alla prima occasione politica utile la replica, indiretta ma dura, del premier Enrico Letta alle stilettate di Matteo Renzi che, mercoledì ospite a Porta a Porta, aveva definito il premier un uomo interessato più alla seggiola che al bene del Paese. “Se c’è una cosa che detesto – gli risponde Letta dalla Festa di Scelta Civica a Caorle – è la politica fatta a battute che in questo periodo, invece, trionfa. La vita delle persone non la si risolve a battute, ma con i provvedimenti giusti, che hanno bisogno di approfondimenti”. A distanza, ma a stretto giro di posta, gli risponde il rottamatore che, parlando alla festa del Pd di Firenze, si interroga: “Io faccio battute? La differenza tra i politici non è fra chi fa le battute e chi non le fa ma fra chi fa le cose e chi le rinvia”. “Forse – aggiunge – ho esagerato a parlare di temi concreti e ho paura di essere stato noioso, ma a Firenze la politica si fa con il sorriso”. Salvo poi scusarsi per la battuta.

Le parole del rottamatore da Vespa, sulle quali era tornato anche Bersani bollandole come “ingenerose”, non sono passate inosservate dalle parti di Palazzo Chigi e i segnali di irritazione per quelle uscite sono arrivati forti e chiari. Tutti rilasciano dichiarazioni distese: “Renzi ha promesso che non ostacolerà il governo”, ha detto giovedì il segretario Guglielmo Epifani dopo un incontro col rottamatore durato ben 90 minuti. “Credo che il governo Letta vada avanti e faccia le cose per bene”, abbassa i toni Matteo Renzi. Ma le acque restano comunque agitate nel momento in cui il Pd sta, tra l’altro, faticosamente, tentando di trovare un’intesa sulle regole del congresso per evitare un braccio di ferro all’Assemblea del 20 e 21 settembre. Gli sherpa sono al lavoro e ci sono continui contatti tra i componenti della commissione congresso. Il problema è che nell’incontro con Epifani, Renzi ha di fatto alzato la posta con l’obiettivo di ottenere certezze sulla data del congresso.

Per questo la proposta del sindaco, che ha sparigliato le carte, è stata quella di anticipare il congresso nazionale rispetto a quelli locali da fare sei mesi dopo successivamente a una intensa campagna di tesseramento. Un’ipotesi che, però, cozza del tutto con lo schema immaginato finora da Epifani, e sottoscritto dai bersaniani, di fare un congresso dal basso, partendo dai circoli e discutendo, almeno fino ai provinciali, di un documento unitario evitando lo scontro sui candidati nazionali.

Ciò su cui, in ogni caso, i renziani non sono disposti a cedere è la data del congresso nazionale (con il riferimento che resta il 24 novembre) così come la platea ampia per i congressi regionali che chiedono si tengano o insieme al nazionale o successivamente ad esso. Attualmente lo statuto prevede che i segretari regionali vengano eletti a due anni dall’elezione del segretario nazionale (anche se finora sono stati eletti contestualmente al segretario nazionale). Lo stesso Epifani ieri ha ammesso che la strada è difficile ma nelle prossime ore continueranno le trattative.

Che, se dovessero andare a buon fine, potrebbero portare a siglare un’intesa in una riunione del comitato congresso martedì. Qualora non ci fosse un’intesa il rischio è quello di una prova di forza in Assemblea della quale è però difficile prevedere l’esito visto che, nonostante la maggioranza sia sulla carta bersaniana, si deve fare i conti con i posizionamenti delle ultime settimane e con il fatto che fare la guerra a Renzi è, comunque, rischioso per tutti.

Anche per questo, quantomeno sulla data, è probabile che alla fine si arrivi a un’intesa. Anche il diretto competitor del rottamatore, Gianni Cuperlo, che sabato, a margine della festa del Pd a Milano, avrà un incontro con Pier Luigi Bersani, sottolinea di essere favorevole a tenere il congresso a fine novembre. Quanto alle regole, il suo primo grande elettore, Massimo D’Alema, fa sapere di non essere particolarmente interessato al dibattito. “Non ne so niente – dice – decideranno loro: io il 20 (data dell’Assemblea) sarò a un convegno internazionale”.