Il Pd non regge Nitto Palma, sabato autocoscienza sul governo

Pubblicato il 7 Maggio 2013 - 17:26 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Su Francesco Nitto Palma il Pd non regge e rischia l’implosione. Implosione che potrebbe avvenire sabato 11 maggio, giorno dell’assemblea del partito quando, messi insieme i cocci, si deciderà sul nuovo segretario. Intanto l’antipasto è stato servito martedì. Nel primo pomeriggio le Commissioni votano i presidenti, i partiti di maggioranza hanno ovviamente già raggiunto un accordo di massima. E non è un mistero per nessuno che il Pdl punti principalmente su Giustizia e Telecomunicazioni, nodi dei principali interessi berlusconiani.

Neppure il più ingenuo può pensare che a quel voto le truppe dei vari partiti siano andate impreparate e senza direttive. Si vota, più o meno con disciplina e il risultato è la rappresentazione plastica di quell’accordo di massima che i partiti hanno raggiunto. Qualche casella, la maggior parte, al Pd che ha vinto le elezioni. Poco meno al Pdl, che riesce a piazzare Formigoni e Matteoli. Due nomi a Scelta Civica tra Camera e Senato. Ma la tensione del Pd arriva al momento del voto alla Commissione Giustizia. Il Pdl è riuscito a strappare un sì del Pd sul nome di Nitto Palma.

Ma Nitto Palma non viene eletto, e per ben due volte non riesce a raggiungere la maggioranza. Gli servono 14 voti, ne ottiene 12 alla prima, 13 alla seconda votazione. Chi è che non ha votato? Il voto è segreto, ma si sa che il Pd che non ha retto. Non ha retto all’ordine di scuderia e non ha votato compatto quell’ultima rappresentazione di un governo indigesto. Nitto Palma è ex ministro della Giustizia, è stato l’uomo che ha tentato fino all’ultimo di mettere Nicola Cosentino in lista. Ma, soprattutto, è un uomo di Berlusconi a capo della Commissione Giustizia. Tanto, davvero tanto per molti uomini del Pd.

L’accordo sulle Commissioni, di fatto, salta. Si sgretola nel momento in cui Felice Casson annuncia che mercoledì il Pd voterà un suo nome alla terza votazione per la presidenza della Commissione Giustizia. Questo voto, quello mancato per Nitto Palma e quello sul proprio candidato, è già un momento di autocoscienza per il Partito democratico. Il Pdl ha una linea e una direzione, vuole alcune pedine nella partita delle Commissioni e non cede su alcuni punti di governo, come l’Imu. Persino Scelta Civica dimostra compattezza, ha sempre voluto le larghe intese ad esempio. Ma il Pd? Non ha un segretario, un presidente, non ha una linea, persa ormai tra mille correnti e fazioni. Ha un uomo rappresentativo, Matteo Renzi, che però non vuole fare il segretario ma il premier. E un altro “uomo nuovo”, Fabrizio Barca, che però è troppo nuovo per poter avere qualche ruolo nell’immediato. Neanche l’elettorato esiste più, essendo largamente contro il governo Pd-Pdl. Tanti nodi per un’assemblea, l’11 maggio, che sarà soprattutto l’occasione per un’autocoscienza del Pd.