ROMA – Nozze gay, tema di eterna discordia del Pd e delle sue quattro anime almeno, divise tra Bersaniani, Rottamatori, Montiani e non. E’ scoppiata la bagarre al termine dell’assemblea del Pd su alcuni documenti e ordini del giorno che riguardavano il riconoscimento delle coppie omosessuali e primarie.
Per chiudere la discussione visto che alcuni delegati si opponevano alle decisioni della presidenza, è intervenuto il segretario Pier Luigi Bersani: ”Attenzione noi siamo il primo partito del Paese, dobbiamo dire con precisione all’Italia che cosa vogliamo, il Paese non è fatto delle beghe nostre”.
Sono due i documenti, riguardanti i diritti delle coppie gay, che hanno acceso la polemica. Il primo testo, del Comitato per i diritti, è passato con 38 voti contrari. Il secondo, con un’esplicita apertura alle nozze gay, non è stato neppure messo in votazione dalla presidente Rosy Bindi e proprio questa decisione ha sollevato il polverone in sala e fuori.
L’esponente del Pd barese Enrico Fusco ha preso la parola per attaccare ”un documento antico, arcaico, offensivo della dignità delle persone”. ”E’ vergognoso – ha insistito – persino Fini è più avanti di noi”, minacciando di consegnare la tessera del partito. Contro il documento hanno votato in 38 tra i quali Ignazio Marino, Ivan Scalfarotto, Sandro Gozi e Paola Concia. Ma il parapiglia non è finito qui ed è continuato quando la vicepresidente del Pd Marina Sereni ha spiegato che la presidenza riteneva precluso l’odg sui matrimoni gay ”perché nega il contenuto del documento approvato poco fa” rinviando il tema ad una direzione ad hoc.
Quando Sereni ha proposto di precludere anche il voto sull’odg di Sandro Gozi che proponeva primarie aperte dalla platea si è sollevato brusio e un coro di ”voto, voto”. A questo punto Bersani ha preso il microfono: ”Sulle unioni gay il Pd per la prima volta ha assunto un impegno ad una regolamentazione giuridica e sulle primarie dobbiamo dire una cosa chiara al Paese e nel mio intervento, assicurando primarie aperte, ho assorbito il punti 2 e 3. Quanto alla data delle primarie io dico che si fanno con gli altri, non facciamo tutto noi e quindi propongo di votare contro”.
Bersani aveva anche attaccato il ritorno in campo di Silvio Berlusconi definendolo agghiacciante.
In un’assemblea, veloce nei tempi ma infuocata per la temperatura e alla fine anche negli animi, Bersani mette in fila il percorso verso le elezioni: lealtà ”ma con la nostra identita’ e anche critiche” al governo Monti, che non rappresenta pero’ l’agenda del Pd. Il Professore, però, ”è il pompiere che commette anche errori – è la metafora del segretario Pd – e non l’incendiario”, cioe’ Berlusconi e Tremonti, che hanno messo la miccia per peggiorare la crisi economica in Italia. Il Pd al governo, sintetizza anche Massimo D’Alema, andrà ”oltre Monti ma con Monti”, unendo rigore e equita’. Chiarito che il dibattito interno tra ‘montiani’ e laburisti sulla continuità rispetto ai tecnici ”è un po’ metafisico e fastidiosissimo per la nostra gente”, il segretario guarda oltre, alle priorità del Pd e ai suoi obiettivi programmatici. In primis la legge elettorale: ”Non ci arrenderemo al Porcellum”, assicura Bersani che tiene il punto su ”un credibile premio di governabilita”’ e sui collegi nonostante nel Pd ci sia chi, come Enrico Letta e gli ex Ppi, preferirebbero le preferenze pur di fare la riforma elettorale. La necessita’ di capire se e come cambierà la legge elettorale spinge a fissare ”entro fine anno” la data delle primarie che sì saranno aperte a tutti ma ”non saranno un congresso di partito” ad uso di chi vuole pesare vecchi e nuovi rapporti di forza. Un messaggio chiaro al ”rottamatore” Matteo Renzi, che siede quasi nelle ultime file. Ma il sindaco di Firenze non sembra avere alcuna intenzione di rinunciare alla sfida al segretario, pur non chiarendo se il candidato sara’ lui: ”I giovani del Pd non faranno la fine di Alfano che si è immediatamente rimesso in ordine appena Berlusconi ha detto ‘scendo in campo io”’. Renzi, come Arturo Parisi, sente puzza di bruciato e teme che alla fine le primarie non si faranno piu’. Un sospetto che spinge, nonostante la promessa di Bersani, l’altra area dei quarantenni a chiedere un voto che fissi la data delle primarie. Una mina che poteva essere facilmente disinnescata se non fosse che alla fine dell’assemblea scoppia la ‘grana’ dei matrimoni gay.
L’ala più laica, capitanata da Ivan Scalfarotto e Paola Concia, rifiuta il documento di mediazione che riconosce le unioni omosessuali e chiede un voto sulle nozze gay. Volano fischi contro la presidenza, che nega il voto, e la tensione resta finche’ Bersani suona il gong: ”Su primarie e unioni gay abbiamo assunto impegni, dobbiamo dire con precisione all’Italia che cosa vogliamo. Il paese non è fatto delle nostre beghe”, avverte il leader che poco prima, nella sua relazione, aveva chiarito che, per evitare in futuro un’Unione bis, le decisioni spinose saranno prese con un voto a maggioranza. Ma oggi questo non è servito per evitare di rovinare il finale dell’assemblea.
I commenti sono chiusi.