ROMA – I due possibili sfidanti alle prossime primarie del Pd sono il sindaco di Firenze, Matteo Renzi e l’attuale ministro per la Coesione Territoriale, Fabrizio Barca. A rivelare il retroscena è Maria Teresa Meli sul Corriere della Sera che ha raccolto le voci circolate mercoledì nei corridoi di via del Nazareno, dove si è tenuta la Direzione Nazionale del partito.
Uno ha più volte ribadito di voler rientrare in partita con nuove primarie a ridosso delle prossime elezioni. L’altro non ha nemmeno la tessera del Pd in tasca ma si è detto pronto a impegnarsi in politica, dopo l’esperienza da tecnico. Entrambi defilati, se non assenti, alla riunione di direzione: Matteo Renzi si è solo affacciato, ha ascoltato gli interventi di Bersani e Franceschini, ha chiacchierato con Veltroni e infine si è dileguato senza dare il proprio voto. Non si lascia “cooptare da quelli” che fino a qualche mese fa voleva rottamare, anche se resta leale al segretario in questo ultimo tentativo di responsabilità. Barca non si è proprio presentato, era impegnato a definire gli accordi per costruire una strada civile che colleghi Sassari ad Olbia. Di lui, osserva Maria Teresa Meli, si è parlato anche come papabile premier in un ipotetico governo del Presidente Napolitano. Ma lui ha sempre smentito.
L’era Bersani volge ormai al termine: lo stesso segretario ha più volte chiarito di non volersi ripresentare al prossimo congresso. E se Renzi si ricandida, osserva Matteo Orfini, “dovremo per forza scegliere un candidato che contrasti la sua linea”. E quel candidato, secondo Maria Teresa Meli, è Barca:, stimatissimo anche da Bersani che lo ha definito “una risorsa sia per il partito che per il governo”.
Scrive il Corriere che quella di ieri è stata sostanzialmente una riunione interlocutoria, “servita solo a rinviare lo scontro interno di qualche settimana”.
Tant’è che all’interno del partito si rincorrono posizioni piuttosto inconciliabili. Bersani ieri ha ribadito di non poter sostenere un “Monti bis o un esecutivo tecnico o un governo del Presidente, con i voti del Pdl senza quelli dei grillini: sarebbe un suicidio per il Paese. Come dimostra il fatto che nell’ultima fase di Monti eravamo alla paralisi. La strana maggioranza non può ripetersi, allora è meglio tornare alle urne“. Ma tra i democratici non sono pochi coloro i quali sono, al contrario, preoccupati di dover tornare a votare in tempi cosi rapidi. E poi c’è chi come Paolo Gentiloni vorrebbe lasciar fare al Capo dello Stato.
Ma, rivela Maria Teresa Meli, un’ultima speranza che si formi una maggioranza c’è e risiederebbe in quella parte di grillini, che viene dalla sinistra vicina alle posizioni di Giustizia e Libertà. Non si fanno nomi, ma quella fetta di M5s potrebbe consentire a Bersani che l’operazione otto punti riesca.