Storie dal Pdl: Pisanu impavido non vota, La Russa in “difesa” fa linguacce

Pubblicato il 24 Aprile 2010 - 08:37 OLTRE 6 MESI FA

Beppe Pisanu, ex ministro dell’Interno in un’altra era berlusconiana, è stato l’unico del Pdl ad astenersi durante la votazione di giovedì. Una presa di posizione importante e distinta, tra gli 11 ultrà finiani e l’oceanica adesione alla linea del Capo.

L’astensione diventa significativa soprattutto alla luce della spiegazione dello stesso Pisanu: “Mi sono astenuto perchè non si può escludere il dissenso”. Sembra, anzi sicuramente è, qualcosa di più di una affermazione di principio: è un atto di solidarietà verso Gianfranco Fini, per cui Pisanu spende parole d’oro.

In una intervista alla Stampa, Pisanu, presidente della commissione Antimafia, motiva così la sua scelta dopo la direzione del Pdl di giovedì che è stata “una giornata amara, sovraccarica di tensioni, “un dramma autentico, vissuto da persone che meritano rispetto umano e politico”: si è astenuto dal voto, dice, pur “condividendo il documento” perché “non si può escludere il dissenso” dalla vita interna del Pdl.

Tra gli esiti Pisanu esclude che si vada ad elezioni anticipate e rileva che Fini, anche se Berlusconi gli ha chiesto di dimettersi se vuol tornare a fare politica, fino ad ora “ha svolto bene” i suoi due compiti di presidente della Camera e cofondatore del Pdl “e fino a prova contraria può continuare a svolgerli”.

Le carte, insomma, ora “si sono mescolate e si è aperta una fase nuova che può ancora dare sviluppi positivi”. Dipende, “come diceva Moro, dalla nostra capacità di dominare i fatti con l’intelligenza”.

Ignazio La Russa, ministro della Difesa, in lui si dovrebbero riconoscere i militari italiani che rischiano la pelle nel mondo

Mentre Pisanu spiega, soprattutto a Berlusconi che il dissenso va espresso anche all’interno del Pdl, il ministro della Difesa Ignazio La Russa, l’uomo della linguaccia a un italiano in una pubblica via di New York,  per chi non se lo ricorda, difende come da colpione Berlusconi e intravede bagliori di luce e speranza nel rapporto Pdl-Lega. Il tutto condito ancora con attacchi incrociati a Fini.

Fiducioso che “la riconciliazione sia possibile” perché anche parlando con il premier “é prevalsa la linea di non insistere nella rottura”. Ma Ignazio La Russa, ministro della Difesa e coordinatore del Pdl, non fa sconti al presidente della Camera, Gianfranco Fini, che, dice, nel suo ruolo istituzionale si è “proiettato più sulla destra del futuro che quella del presente” e si è circondato di “intellettuali elitari” che gli hanno dato “cattivi consigli”.

In una intervista al Giornale, La Russa dice di non aver né “compreso” né “apprezzato” le cose dette da Fini in direzione, cose per le quali “lui non chiederà mai scusa” e che “hanno chiuso una fase”. Non c’era bisogno, è il ragionamento del ministro, “‘di aprire una stagione di contrasti” dopo le vittorie elettorali. Certo, il ruolo di presidente della Camera “é stregato” e chi si siede sullo scranno di Montecitorio poi rischia di “sparire”, ma “ti colloca in una posizione istituzionale che favorisce il contrasto”.

Se Fini avesse portato avanti posizioni diverse, come “il contrasto all’immigrazione clandestina” o il “valore della cittadinanza italiana più che la possibilità di acquisirla” avrebbe avuto con sé “il 95% degli ex An”. Dopo lo scontro, per La Russa, “il pericolo” di tornare alle urne effettivamente “c’é, ma mi auguro – conclude – che non ce ne sia bisogno”.

E invece che idea si è fatta Giulia Bongiorno, presidente della Commissione Giustizia alla Camera? “Sabotare? Non lo abbiamo mai fatto e non abbiamo intenzione di farlo neanche in futuro”. Spiega così la Bongiorno in una intervista al Sole 24 Ore in cui rivendica il ruolo “costruttivo” dell’ala finiana del Pdl.

Al Corriere della Sera la Bongiorno dice poi di “escludere nel modo più assoluto che il presidente della Camera pensi alla nascita di un altro governo”. I finiani, insomma, non se ne andranno dal Pdl ma continueranno “a esprimere” le loro idee, “anche se dissonanti” e a “segnalare i problemi”. Esprimere “il dissenso”, spiega, “non vuol dire mettere in discussione la leadership di Berlusconi”. Ma “evidenziare gli errori, come la prescrizione breve” che rischiava “di spazzare via 600mila processi”.

Criticare un argomento, dice, “aiuta di fatto a liberarlo da errori. La confutazione, diceva Platone, è la più grande e potente forma di purificazione”. E lei ha sempre “approfondito gli argomenti” ma poi ha “votato tutti i provvedimenti anche quando non ho raggiunto l’obiettivo che mi prefiggevo”. Per questo si stupisce di leggere virgolettati attribuiti al premier “del tipo ‘levatemela dai piedi’”. Certo, “io – dice – non sono il suo tipo di donna” ma “contraddicevo anche Andreotti che mi considerava una figlia…”.

In ogni caso “non si può dire che la nostra condotta abbia mai ostacolato il governo” per cui non vede la necessità di “sostituire” alcuni presidenti di commissione. In materia di giustizia, pur condividendo la necessità della riforma, Bongiorno chiarisce che “siamo favorevoli alla separazione delle carriere e alla parità tra accusa e difesa”, ma “ci opporremo a qualsiasi meccanismo che mettesse i pm sotto il controllo dell’esecutivo”.

E sulle modifiche introdotte al Senato al ddl sulle intercettazioni Bongiorno spiega che “valuteremo al momento opportuno”. Piuttosto, aggiunge, “spero che sia approvato il ddl svuotacarceri, condiviso da tutto il Pdl nonostante il no della Lega”.