Pdl, scissione congelata: le mosse dei “diversamente berlusconiani”

di Daniela Lauria
Pubblicato il 3 Ottobre 2013 - 12:51 OLTRE 6 MESI FA
Pdl, scissione sì ma anche no: le mosse dei "diversamente berlusconiani"

Enrico Letta e Angelino Alfano dopo aver incassato la fiducia (foto Lapresse)

ROMA – Pdl, scissione sì, ma anche no. All’indomani dello scontro fratricida al Senato, con Silvio Berlusconi costretto alla resa dal suo stesso delfino, tutti restano in attesa di conoscere le prossime mosse dei “diversamente belusconiani”. Il primo round, per la stabilità di governo, se l’è aggiudicato Angelino Alfano, l’hanno avuta vinta le colombe. Ma c’è un secondo round, quello per il controllo del partito, che è appena iniziato ed è già in stand by.

Alfano e Berlusconi si sono incontrati giovedì mattina per un incontro “chiarificatore”. Ma il dovere chiama e Angelino è dovuto volare di corsa a Lampedusa dove si sta consumando una tragedia umana: oltre 80 immigrati sono morti su un barcone in fiamme e centinaia di profughi sono finiti in mare.

Alfano si muove con cautela, nel tentativo di scippare a Berlusconi l’intero partito. E nella gravità di queste ore torna in sella alla poltrona di ministro dell’Interno per recarsi sul luogo della tragedia. Per l’emergenza è stata annullata anche la conferenza stampa dei ministri in programma alle 12. Altro annullamento, di peso politico ben diverso, è invece quello della manifestazione anti-decadenza che era in programma per venerdì a Piazza Farnese, in contemporanea con i lavori della Giunta del Senato. Manifestazione fortemente voluta dai falchi.

A parlare di scissione sospesa è Roberto Formigoni: “Abbiamo trovato un Berlusconi dialogante e anche per questo abbiamo sospeso l’iniziativa”. ”Ieri – aggiunge – eravamo 70 oggi abbiamo ancora altre adesioni”. “La nostra linea – è sicuro il Celeste – sta diventando la linea maggioritaria nel Pdl. Stiamo lavorando dentro il Pdl e se il cambiamento può strutturarsi dentro il gruppo di Pdl o di Forza Italia noi riusciamo a cambiare la linea in modo determinante”. E quando i cronisti gli domandano esattamente, ma allora non uscite? Formigoni ribadisce: ”Questa idea è sospesa e lottiamo dall’interno perché passino i nostri tre punti: appoggio al governo Letta; creare una struttura democratica del partito in cui, ad esempio, i coordinatori non si nominano dall’alto ma vengano scelti dal basso; il Pdl deve esser coerente con la linea del Ppe”.

Intanto, sempre per rispetto ai morti di Lampedusa, Gaetano Quagliariello su Twitter invita tutti a sospendere “ogni attività politica”. La scissione che fino a ieri sembrava pronta, a partire da due gruppi autonomi alla Camera e al Senato, per ora resta congelata, nell’attesa di conoscere le convenienze di ciascuno. “Se dovessero presentarsi alle elezioni europee tra qualche mese, la lista dei transfughi non prenderebbe neanche il 2%”, attacca Lucio Malan. Rincara la dose Carlo Giovanardi: “Ieri è stata una grande giornata. Al Senato noi non siamo i dissidenti, anzi abbiamo noi la maggioranza del gruppo. Nei prossimi giorni faremo delle verifiche. Quello che è certo che Forza Italia non sta nel Partito Popolare Europeo”.

Anche Fabrizio Cicchitto, prima voce fuori dal coro, prende tempo: “In ogni caso non avrei partecipato siccome non ho deciso se aderire o meno a Forza Italia, o se invece rimango nel Pdl con il segretario Alfano”. Mentre un appello all’unità del Pdl arriva da Maurizio Gasparri e Altero Matteoli: “E’ l’obiettivo primario che dobbiamo avere in questa fase”.

Oggi è lui, il segretario, al centro della scena. Alfano ieri è andato fino in fondo: ha disobbedito al suo padre politico e lo ha costretto a ripiegare sul sostegno al governo Letta. Il Cavaliere ha provato fino all’ultimo a tenere il punto. Ma la costola di senatori, le firme erano 23, pronta a staccarsi dal partito, formare un nuovo gruppo e battezzare una nuova maggioranza, ha costretto Berlusconi alla retromarcia.

Ma Alfano non vuole portare a termine il parricidio. Vorrebbe piuttosto sottrarre Berlusconi alla morsa degli estremisti e de-falchizzare il partito. Battaglia per la quale, raccontano i bene informati, sarebbe anche disposto a dimettersi da ministro dell’Interno, restando vicepremier e segretario a tempo pieno. E’ dunque questo che Alfano chiederà al Cavaliere: che gli consegni, sotto la sua egida, le chiavi del partito. Anche perché il divorzio oltre che doloroso, sarebbe molto complicato, a partire dal fatto che in base allo statuto il segretario è l’unico che può utilizzare il simbolo, ma la proprietà è del presidente Berlusconi.

Intanto Letta e Alfano sono più affiatati di prima e lavorano paradossalmente allo stesso schema: tornare al proporzionale dopo la caduta di Berlusconi. Una ipotesi temuta da Matteo Renzi e che va in controtendenza anche all’attuale sistema bipolare che, almeno sinora, è molto piaciuto a Berlusconi. Allo stesso schema lavorano Letta ed Alfano. Il primo per allungare la corsa del sindaco di Firenze in modo da farlo arrivare all’appuntamento con le urne in tutt’altro schema, mentre al secondo preme scomporre il sistema elettorale in modo da trovare spazio ad una forza moderata in grado di essere interlocutore di nuove larghe intese.