Pensioni: Pd lascia al Pdl la tutela, comunismo contro peronismo

di Sergio Carli
Pubblicato il 10 Novembre 2013 - 20:24 OLTRE 6 MESI FA
Pd lascia al Pdl la tutela dei pensionati, comunismo contro peronismo

Guglielmo Epifani. Il suo Pd lascia al Pdl milioni di pensionati della Cgil

 

ROMA — Pensioni d’oro e pensioni di latta. Togliere alle prime per redistribuire una manciata di spiccioli alle seconde, il comunismo che è nel Dna del Pd si sposa col il peronismo del Pdl in una operazione ingiusta e indegna che viola Costituzione, giustizia e buon senso e spinge ancor più l’Italia verso lo Stato corporativo che è un’altra grande componente del Dna italiano, essendo stato inventato non da Mussolini ma da Diocleziano.

Tante sono le chiacchiere, molte le illazioni, ma, scrive Lorenzo Savia sul Corriere dell Sera,

“l’unica certezza è che ci sarà un intervento per rafforzare la rivalutazione delle pensioni, l’aumento automatico degli assegni per adeguarli al costo della vita. Una certezza relativa, perché siamo nel regno degli emendamenti alla Legge di Stabilità, […ma] il Governo ha dato il suo ok e sia il Pd che il Pdl vogliono piantare la loro bandierina”.

Non c’è dubbio che in questo momento il Pd sta lasciando al Pdl campo libero nella tutela di quella vastissima platea di cittaddini che sono i pensionati, molti dei quali in passato elettori di sinistra. Gli iscritti al sindacato pensionati della Cgil superano i 2 milioni e mezzo e non sono quelli con le pensioni da fame per avere versato pochi o punto contributi e che tanto stanno a cuore al Pd. Sono ex appartenenti ad aristocrazie operaie come i poligrafici, che godono di pensioni rilevanti, che hanno creduto allo Stato che regalava anni di contributi per prepensionamento e che ora rischiano di vedere stroncato il frutto di una vita di lavoro, talvolta anche molto duro.

A conferma che quelli del Pdl sono più intelligenti di quelli del Pd, scrive Lorenzo Salvia che

“il Pdl propone di fissare a 67 anni d’età [per Marco Rogari del Sole 24 Ore gli anni sono 68] una sorta di diga oltre la quale rendere la pensione intoccabile: superata quella soglia, anche in caso di assegno ricco, non ci sarebbe più né il contributo di solidarietà né il blocco della rivalutazione. Una clausola che però trova perplesso il Pd perché ridurrebbe una platea già limitata, i pensionati oltre i 90 mila euro sono appena 35 mila, lasciando pochi spiccioli da destinare alle pensioni più basse”.

L’accordo, però, avverte Lorenzo Salvia, si ferma al titolo: su come intervenire e su dove trovare i soldi le posizioni sono lontane”. Un passo indietro ormai di due anni:

“Il decreto salva Italia (Governo Monti) aveva bloccato la rivalutazione delle pensioni al di sopra dei 1.500 euro lordi al mese. Il disegno di legge di Stabilità approvato dal consiglio dei ministri 20 giorni fa allenta quel blocco con un intervento graduale: la rivalutazioni sarà al 100% fino a 1.500 euro, al 90% fino a 2 mila, al 75% fino a 2.500 e al 50% fino a 3 mila. Oltre la soglia dei 3 mila euro, invece, il blocco resta. Adesso il testo è all’esame del Senato. Sia il Pd sia il Pdl propongono di allargare l’area della rivalutazione al 100% anche agli assegni che superano i 1.500 euro lordi. Le posizioni in realtà non coincidono ma un’intesa è possibile”.

Dove prendere i soldi, si chiedono però tutti?

Giorgio Santini, relatore per il Pd, dice:

“La nostra proposta è rafforzare il contributo di solidarietà a carico delle pensioni più alte”. Nel testo uscito da Palazzo Chigi il contributo riguarda la quota che supera i 150 mila euro lordi l’anno.

Chiosa Lorenzo Salvia:

“L’idea del Pd è di abbassare la soglia a 90 mila con un prelievo del 5% che potrebbe arrivare al 15% per gli assegni più corposi. Ma dall’altra parte delle larghe intese non ne vogliono sentire”.

Antonio D’Alì, relatore del Pdl, dice:

“I contributi di solidarietà sono già stati bocciati dalla Corte costituzionale e rischiano solo di fare altri danni anche ai conti dello Stato”.

Chiosa: altro che abbassare la soglia a 90 mila euro, insomma, i soldi vanno trovati fuori dal sistema pensionistico. Aggiunge D’Alì:

“Per noi l’operazione va finanziata con la rottamazione delle cartelle esattoriali e, anche se non è la posizione ufficiale del partito, con un ritocco della tassazione sulle rendite finanziarie”.

Conferma Marco Rogari sul Sole 24 Ore che

“rendere meno pesante la penalizzazione sulle pensioni di importo più basso è uno dei pochi punti su cui esiste già una convergenza tra Pd e Pdl”

e che il Governo

“starebbe valutando la possibilità di allentare il blocco dell’indicizzazione”.

Seguono altri dettagli sulle divergenze tra i due maggiori partiti delle larghe intese:

“I democratici puntano ad attenuare la deindicizzazione per le pensioni tra 4 e 6 volte il minimo (ovvero sopra i 1.500 euro). E, per reperire le risorse necessarie, propongono di far scattare il contributo di solidarietà sulle pensioni elevate (nella misura del 5%) già a 90 mila euro anziché a 150 mila come attualmente previsto dalla “stabilità”, e di farlo poi lievitare con il crescere del reddito.

“Ma il rafforzamento del contributo di solidarietà non convince troppo il Pdl. Che è d’accordo nel rendere meno stringente il blocco dell’indicizzazione lasciandolo in versione integrale solo per gli assegni oltre 6 volte il minimo, ma vincolandolo ad un limite anagrafico (ad esempio 68 anni di età) oltre il quale la pensione non può essere toccata”.