Presidente della Repubblica: il pericolo dei politici “amateurs”

Pubblicato il 7 Aprile 2013 - 06:09 OLTRE 6 MESI FA
giorgio napolitano

Giorgio Napolitano: chi ci sarà, dopo di lui, dovrà volerci tanto bene

Ci sono due percorsi, “radicalmente diversi” per “affrontare l’elezione del prossimo presidente della Repubblica“, secondo Sergio Fabbrini, professore di Scienza politica e relazioni internazionali alla Luiss di Roma, in un articolo pubblicato dal Sole 24 Ore:

1. “Approccio politico”;

2. “approccio istituzionale”.

Nel caso dell’approccio politico, scrive Sergio Fabbrini,

“avremo un presidente anti-berlusconiano che sosterrà il tentativo del segretario del Pd di andare a chiedere formalmente la fiducia delle camere ad un suo governo. Un tentativo che, anche se non funzionasse e si andasse a nuove elezioni, consentirebbe comunque al segretario del Pd di gestire queste ultime da primo ministro incaricato, così prevenendo la sfida alla sua leadership”.

Nel caso dell’approccio istituzionale,

“avremo un presidente (come si dice) di garanzia, qualcuno che cercherà di ricostruire la collaborazione della vecchia strana maggioranza”.

Il risultato rischia di essere, in entrambi i casi, lo stesso: tutto resterà come prima. Scrive Fabbrini:

“L’approccio politico non risponde alla domanda basilare che occorre porsi: cosa si deve fare per mettere al riparo le capacità di governo dell’Italia dalla crisi e dal travaglio dei partiti? Perché è evidente che nessun Paese può permettersi di fermarsi perché i partiti si fermano. Tanto meno può fermarsi un Paese come il nostro che è sull’orlo di una crisi finanziaria incontrollabile per il livello del suo debito pubblico. L’Italia affonda, l’Europa è in una rincorsa continua a chiudere l’una o l’altra falla, il mondo sta creando nuovi rapporti di potere tra continenti – e noi perdiamo giorni e notti a seguire i giochi dei partiti”.

“Occorre assumere un approccio istituzionale per eleggere il nuovo presidente della Repubblica”,

ma bisogna che

“almeno due condizioni vengano soddisfatte. La prima è di natura personale. La Presidenza della Repubblica non può essere affidata a politici-amateurs, a uomini o donne che sono l’espressione di contingenti stati d’animo dell’opinione pubblica. La Presidenza della Repubblica è l’unica istituzione pubblica che ha tenuto finora insieme il Paese. Ha funzionato come punto di equilibrio non solo e non tanto tra forze politiche contrastanti al nostro interno, ma anche e soprattutto tra le esigenze dell’Italia e quelle dei nostri partner europei e internazionali.

“Per questo motivo, il presidente della Repubblica deve essere persona di esperienza internazionale e nazionale, uomo o donna in grado di garantire, almeno, quei punti di equilibrio.

“La seconda condizione è invece di natura costituzionale. La Presidenza della Repubblica deve essere il fulcro su cui ricostruire la capacità di governo del Paese. La crisi dei partiti e la paralisi del parlamento hanno mostrato l’urgenza di individuare nuove strade per garantire all’Italia una capacità decisionale efficace e legittima”.

“La divisione non deve essere tra chi vuole un presidente spostato sul M5S o sul Pdl, ma tra chi vuole un presidente della palude e chi vuole un presidente impegnato a prosciugarla. All’Italia serve un presidente che si impegni a guidare una riforma del nostro sistema di governo, così da renderlo simile a quello della altre democrazie europee che funzionano. All’Italia serve un presidente che dica con chiarezza che occorre abolire il nostro assurdo bicameralismo, che occorre adottare un sistema elettorale comprensibile dagli elettori come quello uninominale a doppio turno (e non i pastrocchi che si continua a proporre), che occorre dare al presidente della Repubblica una legittimità popolare su cui poggiare un governo che funzioni fino a prova contraria”.

Conclusione con un filo di speranza:

“Se i grandi elettori del prossimo presidente della Repubblica assumeranno questa prospettiva, se essi romperanno le righe della disciplina partitica imposta da leader auto-referenziali, se essi useranno l’elezione per dare al Paese un presidente del cambiamento, allora avranno contribuito ad accendere una luce alla fine del tunnel”.