Primarie pd, regole per limitare i candidati. Obiettivo: in gara solo Bersani, Renzi e Vendola

Pubblicato il 19 Settembre 2012 - 13:08 OLTRE 6 MESI FA
LaPresse

ROMA – Le regole, le regole, le regole: per evitare che le primarie del Pd allargate alla coalizione di centrosinistra si trasformino in primarie Brancaleone o in primarie boomerang per il Partito democratico, che resterebbe vittima della sua complessità se più candidati “piddini” si togliessero i voti a vicenda finendo per favorire nomi esterni al partito (vedi Vendola). Obiettivo nascosto, secondo Carlo Bertini de La Stampa, è che a gareggiare siano solo i tre big: Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi e Nichi Vendola. Bisogna limitare il numero dei concorrenti, evitare che le primarie si trasformino in un congresso in cui ogni candidato rappresenta una “mozione”.

E allora le idee: una soglia di sbarramento invalicabile sarebbe pretendere che chi si vuole proporre come candidato raccolga 20 mila firme sparse in tutte le regioni italiane. Corollario per i candidati pd prevederebbe – come già succede per le primarie negli enti locali – l’obbligo di un sostegno di almeno un 30% dei 1.400 delegati dell’assemblea nazionale o del 15% degli iscritti al partito (a luglio 2009 erano 820.000). E poi occorre che il 6 ottobre prossimo l’assemblea voti la deroga allo Statuto che consenta ad altri candidati oltre al segretario del partito di candidarsi alle primarie di coalizione. Servono il 50% dei voti più uno, e l’esito non è scontato.

Regole, più o meno severe, ma da approvare a tutti i costi, perché, come scrive Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera, è alto il rischio che le primarie si trasformino in una fiera delle vanità nociva per l’immagine del Pd e del centrosinistra tutto. Queste consultazioni, secondo Cazzullo, sono diventate uno strumento per cercare visibilità e non una gara seria fra persone ambiziose con i requisiti e le qualifiche dimostrate sul campo (fa gli esempi di amministratori locali come l’ex sindaco di Torino Sergio Chiamparino e di Vendola, o di giuslavoristi che non temono l’impopolarità come Piero Ichino). Una parata, una resa dei conti interna, con

autocandidati che non rappresentano molto più di se stessi, e soprattutto non hanno alcuna credibilità ed esperienza per reggere il governo di un grande Paese. Palesemente non è questo il loro intento […] Qui siamo al punto in cui viene salutata come una svolta pure la discesa in campo dell’ex sindaco di Montebelluna (ma allora perché non anche il sindaco di Barbaresco, di Castelfidardo, di Nocera Inferiore?). Colpisce poi l’attivismo degli uomini della giunta Pisapia: uomini di valore, che però avrebbero già molto da fare in città […] a meno che non si pensi che Bruno Tabacci possa condurre l’Api alla testa del centrosinistra, o che Stefano Boeri possa vincere le primarie nazionali dopo aver perso quelle milanesi. 

Per mantenere le primarie Pd nel recinto del confronto delle idee, senza che si sconfini nel folklore politico, suggerisce Cazzullo, l’unica soluzione sono le regole chiare. Quelle che in questo momento vogliono tutti i militanti del partito. La palla passa ai dirigenti.