Processo Mediaset, niente legittimo impedimento: “I giudici hanno leso i poteri di Berlusconi”

Pubblicato il 26 Aprile 2011 - 19:12 OLTRE 6 MESI FA
berlusconi ghedini

Berlusconi con Niccolò Ghedini in tribunale (foto Lapresse)

MILANO – “I giudici di Milano hanno leso i poteri da premier di Silvio Berlusconi”: è quanto sostiene l’Avvocatura dello Stato che nel ricorso di 20 pagine -con cui il governo ha sollevato il conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale.

Il tribunale di Milano del processo Mediaset, in cui il premier Berlusconi è imputato di frode fiscale, scrive l’Avvocatura, si è ”arrogato un inammissibile potere di sindacato delle ragioni politiche sottese al rinvio di una riunione del Consiglio dei ministri” al primo marzo del 2010.

Rifiutando di considerare quel Consiglio dei ministri come legittimo impedimento del premier a presentarsi in udienza, i giudici di Milano avrebbero quindi leso le ”esclusive attribuzioni costituzionali” del presidente del Consiglio e del governo.

Il ricorso – a firma degli avvocati dello Stato Michele Dipace e Maurizio Borgo – ha chiesto alla Consulta di annullare la decisione con cui i giudici della prima sezione del Tribunale di Milano, presieduti da Edoardo D’Avossa, hanno rigettato la richiesta di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento del premier. Il Consiglio dei ministri era stato fatto slittare dal 24 febbraio al primo marzo 2010, di lunedi’, in una data successiva a quella in cui era già stata stabilita l’udienza Mediaset (atre tre udienze erano precedentemente saltate).

I giudici di Milano rifiutarono di considerare quella riunione a Palazzo Chigi come legittimo impedimento in quanto – scrissero nell’ordinanza – nulla era stato dedotto sulla “inderogabile necessità della sovrapposizione dei due impegni”. Nel ricorso depositato a Palazzo della Consulta, il governo fa più volte riferimento al ”canone di leale collaborazione” fissato dalla Corte Costituzionale nel 2001 con la sentenza n. 225 sul caso Previti e, più di recente, con la sentenza n.23 dello scorso gennaio con cui i giudici dell’Alta Corte hanno bocciato in più punti la legge-ponte sul “legittimo impedimento”.

Il Tribunale di Milano – scrive l’avvocatura dello Stato – ”ha sostanzialmente disconosciuto la rilevanza, quale legittimo impedimento, dell’attribuzione del Presidente del Consiglio dei Ministri di presiedere la riunione del Consiglio dei Ministri (funzione di rango costituzionale), non valutando, in concreto, tale funzione (ora riconosciuta anche dalla Corte quale evento puntuale di legittimo impedimento) in rapporto all’interesse del processo ma arrivando a richiedere addirittura la prova della necessita’ di fissare la data del consiglio dei ministri in coincidenza con il giorno di udienza, ledendo, in tal modo, le esclusive attribuzioni costituzionali” del premier.

L’Avvocatura generale dello Stato chiede, quasi provocatoriamente, cosa sarebbe accaduto se il governo avesse prodotto in Tribunale le motivazioni della necessità di quel Consiglio dei ministri: le ragioni ”sarebbero state ritenute sufficienti a provare la sussistenza di un legittimo impedimento? Oppure – chiedono gli avvocati Dipace e Borgo – ci sarebbe stato un confronto dibattimentale sulle ragioni (eminentemente politiche) che avevano reso necessario lo spostamento e la fissazione della riunione del Consiglio dei ministri?”.