Province, le hanno tagliate ma dirigenti sono i più pagati. Allarme Corte Conti

di redazione Blitz
Pubblicato il 13 Maggio 2015 - 22:04 OLTRE 6 MESI FA
Province, le hanno tagliate ma dirigenti sono i più pagati. Allarme Corte Conti

Province, le hanno tagliate ma dirigenti sono i più pagati. Allarme Corte Conti

ROMA – Province, le hanno tagliate ma i dirigenti sono i più pagati: si parla di una media di 97.444 euro nel 2013, contro gli 89.748 dei dirigenti delle Regioni e gli 85.075 di quelli comunali. L’allarme stavolta arriva dalla Corte dei Conti, secondo la quale l‘attuazione della Riforma Delrio “sta incontrando ritardi e difficoltà” con conseguenze sui bilanci e sulla sostenibilità di tutte le voci di spesa, inclusa quella per il personale.

I giudici contabili parlando di un “effetto distorsivo” prodotto dal fatto che i tagli alle risorse per le province sono arrivati prima dello svuotamento di funzioni e dipendenti. Una situazione che la settimana scorsa aveva sollevato i timori della Cgil con il responsabile Settori Pubblici, Michele Gentile, che parlava addirittura di rischio di mancato pagamento degli stipendi già da giugno. In generale la Corte scorge “profili critici sintomatici di un graduale, e pressoché diffuso, deterioramento della finanza provinciale, suscettibili di incidere negativamente sulla tenuta degli equilibri di bilancio”.

Tornando al nodo principale, da una parte c’è la sforbiciata sui budget prevista dalla legge di stabilità e da subito operativa; dall’altra invece c’è il trasferimento della spesa per i dipendenti in esubero (circa 20 mila), esborso che ancora risulta in capo alle province. Morale della favola: le entrate si riducono mentre non è così per le uscite a cui bisogna fare fronte. “Una parte della spesa, soprattutto di quella per il personale, grava su una gestione che, non avrebbe invece dovuto considerarla nel proprio programma finanziario”, afferma in termini tecnici la Corte dei Conti, che non esita a definire tutto ciò come “un’anomalia” non priva di ripercussioni sul “rispetto del patto di stabilità interno”.

La Corte però non si limita a descrivere le criticità ma invita anche a porvi rimedio e a questo scopo considera “indispensabili” il “riallineamento e il “costante coordinamento” tra lo spostamento di funzioni e risorse (dalle Province alle Regioni) e la concretizzazione dei tagli. I riscontri della Corte per la Cgil “sono la dimostrazione della veridicità del nostro grido d’allarme”, lanciato giusto qualche giorno fa, sabato scorso.

Intanto c’è un’altra riforma in cantiere, quella della Pubblica Amministrazione, benché sia appena iniziato il suo cammino alla Camera, in seconda lettura, già vengono fuori possibili cambiamenti. E ancora una volta in prima linea c’è la dirigenza. I tecnici di Montecitorio mettono in guardia dal pericolo di precarizzazione con conseguente perdita di imparzialità. In particolare per il servizio studi della Camera bisognerebbe prevedere oltre che un termine massimo per la durata degli incarichi dirigenziali anche un limite minimo. Il testo della delega invece indica solo un tetto da non superare, fissato in quattro anni.

Per il ministro della P.A, Marianna Madia, non è però questo il problema mentre si dice aperta a intervenire per precisare il meccanismo relativo alla licenziabilità dei dirigenti. “Non basterà essere privi di incarico per decadere dal ruolo unico, ma deve esserci stata una cattiva valutazione”, sottolinea. Insomma, spiega il ministro, “non si lascerà fare al caso, perché quello che conta è il demerito”. Madia non esclude che la puntualizzazione possa avvenire già nel passaggio a Montecitorio, senza dovere aspettare l’attuazione.

Il sindacato dei dirigenti Unadis insiste però su un’altra questione “valorizzare gli interni e porre un limite agli esterni”. L’argomento non è certo di poco conto, visto che bisognerà probabilmente ridefinire le quote massime da destinare a chi entra senza passare per concorso. Attualmente infatti c’è una distinzione per comparti che dovrebbe sparire con il ruolo unico (si va dall’8% per la P.A. centrale al 30% valido per gli enti locali).