Le Province vanno ancora di moda. Sembrava dovessero sparire ed invece esistono ancora. Una vergogna di cui dobbiamo essere grati al Governo Renzi e in particolare a Graziano Del Rio.
Funerali rinviati. Certo, sono risorte anche se hanno meno risorse. Oggi, sabato 18 dicembre, si va al voto in mezza Italia per eleggere 31 presidenti di Provincia e 75 Consigli provinciali con 886 consiglieri.
La fine delle Province era stata decretata in una lettera al Governo italiano dell’allora presidente della Bce, Jean Claude Trichet e del suo imminente successore Mario Draghi, nel 2011. Una cosa un po’ senza senso, perché da abolire erano e sono le regioni. L’Italia è fatta di province, le regioni sono una espressione geografica. Ma sulle regioni i partiti campano.
La riforma fu affidata dal Governo Renzi a Graziano Rio e ne uscì un aborto.
Ma attenzione: non saranno i cittadini ad esprimere le loro preferenze. Gli elettori saranno i sindaci e i consiglieri comunali di 5.500 Comuni.
Una svolta voluta dalla legge Delrio (ex sindaco di Reggio Emilia) che ha trasformato le Province in “enti di secondo livello“.
Dunque non più ad elezione diretta. Allora si diceva: tranquilli, è solo una riforma transitoria poi saranno abolite. Ma il referendum che doveva seppellirle – referendum promosso da Renzi nel 2006 – non ha ottenuto i necessari consensi. Ergo nessuna abolizione.
Risultato: taglio dei trasferimenti che la Corte dei Conti definì “irragionevoli “ e i problemi sono aumentati. Trovandosi senza soldi le Province sono andate nel pallone. Addio manutenzione di scuole superiori, di strade, di ponti . Zero investimenti. E poi aver trasferito alle Regioni deleghe come l’agricoltura, la caccia, la pesca, l’ambiente e il lavoro spesso ha creato uno scollamento con i territori.
Le Province battono cassa.
Rivogliono i vecchi poteri. Anzi, possibilmente qualcuno più. Chiedono maggiori competenze per la necessità di coordinare al meglio i piani strategici sovracomunali. È il caso di ricordare che ci sono Province che includono più di 200 Comuni. E che si sono candidati fior di sindaci. Ciò significa che ritengono la Provincia un ente importante. E sabato saranno molte le Province rinnovate. Tira un’aria di un profondo cambiamento.
Il voto è diretto, libero e segreto attribuito a liste composte da un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri da eleggere. Il numero è variabile in funzione del numero di abitanti.
Sono 16 i consiglieri nelle Province con più di 700 mila abitanti, 12 nelle Province intermedie. Non mancano le sorprese. Ad esempio Rovigo dove la Lega si è alleata alle liste civiche del centro sinistra ed il Pd ha una sua lista ma non un candidato da sostenere.
Sabato – dalle 8 alle 22 – andranno alle urne 68.499 aventi diritto. Sono decisi e svincolati dalla bagarre politica. “È c’è pure collaborazione a prescindere dai colori politici“, come ricorda Michele De Pascale (Pd), sindaco di Ravenna dal giugno 2016 nonché presidente dell’Unione delle Province italiane dal 2018. Aggiungendo: “Siamo insostituibili “.