Puglia, Bologna, Lazio: il Pd al tappeto. Un “condominio” non un partito

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 25 Gennaio 2010 - 15:37| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Vendola e Bersani

Pierluigi Bersani, segretario del Pd, risultati delle primarie in Puglia alla mano, si era lasciato sfuggire: “Una nottata amara”. Commento ottimista. Una nottata? Non sapeva ancora Bersani quel che avrebbe riservato al Pd il mattino successivo: l’annuncio delle dimissioni di Flavio Delbono da sindaco di Bologna. Dimissioni da insostenibile pubblica vergogna per aver “intrecciato” i suoi amori privati con le cariche e i ruoli politici e amministrativi. Una “nottata pugliese” e un “mattino bolognese”, l’uno peggio dell’altra. Due maledetti episodi, due pugni in faccia? No, ancora non basta: il Pd è al tappeto, knock out tecnico, roba da far gettare la spugna ai “secondi”, se secondi ci fossero a bordo ring.

Fosse un film, il titolo adatto sarebbe: “Non si uccidono così anche i partiti?”. Esclusa l’ipotesi della “morte” accidentale, manca al riguardo alcun riscontro di cronaca, resta la questione alquanto retorica se si sia trattato di “partiticidio” preterintenzionale, cioè senza volere, o di suicidio più o meno volontario. Eccesso di enfasi nell’immagine? Giudicate voi: ci sono le elezioni regionali e in due Regioni “chiave”, decisive per il confronto-scontro tra maggioranza di governo e  opposizione, cosa fa il maggior partito di opposizione? Va alle elezioni con due candidati governatori che non solo non sono del Pd ma esplicitamente incarnano, rappresentano e orgogliosamente propagandano una linea politica diversa, antagonista e polemica con la linea politica che il Pd si è dato nel suo ultimo Congresso di pochi mesi fa.

Significa che se nel Lazio e in Puglia la sinistra perde il 28 di marzo, sarà il Pd ad aver perso, visto che è il partito con il maggior numero di voti della coalizione anti governativa. Se invece dovessero vincere la corsa a Governatore la Bonino e Vendola, saranno loro ad aver vinto. La prima si è candidata da sola e il Pd attonito ha considerato la sua candidatura una pillola indorata di zucchero, ma pur sempre una pillola da ingoiare. La Bonino è altro dal Pd, altra cultura, altra storia, altra politica economica e sociale. E quanto sia “altro” lo ricorda lei stessa capeggiando in Lombardia una lista concorrente ed opposta a quella del Pd. Il secondo, Vendola, ha battuto in campo aperto il candidato del Pd ma soprattutto la linea politica che il Pd si era dato al Congresso. Linea politica del Pd battuta con i voti e a “furor di popolo” pd. O forse i militanti e gli elettori del Pd non avevano capito cosa sceglievano e votavano quando hanno votato Bersani?

Senza suoi candidati in Lazio e in Puglia, inaffidabile quando propone alleanze con l’Udc o identità umorali diverse da quelle di Di Pietro. Inaffidabile perchè smentito alla grande dalla sua gente, dal suo popolo. Lo stesso popolo e la stessa gente che vota Bersani. Una Babele. che si spiega solo con il fatto, ormai acclarato e ripetutamente constatato, che il Pd, qualunque cosa sia, non è un partito. Può essere definito, con banale e semplicistica arguzia sociologica, un “condominio democratico”. La logica imperante, le modalità d’esistenza e i valori dominanti sono quelli del condominio. Discussione che non finisce mai di finire, eterno Congresso o Assemblea dei condomini, sospetto per ogni forma di delega, orrore per la decisione vincolante, autentica libido nel votare contro il vicino di sedia e di pianerottolo.

D’Alema in questa vicenda ha dato il peggio di sè: insipienza presuntuosa. Ma non è che Bersani abbia fatto meglio o che meglio abbia fatto chiunque del gruppo dirigente. Sono stati pessimi cuochi. Ma le “derrate” in dispensa e in cucina le ha portate la gente, il popolo del Pd. Che non vuole, rifiuta e boccia un partito riformista e “auto sufficiente” stile Veltroni. Vuole alleanze, ma non con i “destri” dell’Udc. Vuole nessun nemico a sinistra, vuole alleanze stile “Unione”. Ma non vuole “l’Unione” perché con “l’Unione” si è perso e si perde. Vuole tutto e il contrario di tutto. Più che un partito, il Pd è uno stato d’animo, insieme eternamente dolente e furente. Uno stato d’animo arruffato e arruffone incapace per queste sue caratteristiche di competere sul mercato dell’opinione perfino con lo stato d’animo arraffone della destra.

E poiché come sempre piove sul bagnato e il “cane” del caso avverso morde lo “stracciato” dai suoi errori, ecco Bologna. Il sindaco che fornisce alla sua dipendente-amante un bancomat per le piccole spese. Poche migliaia di euro in sette, otto anni, quanto bastano e avanzano per raccontare e documentare a tutti che anche nei comportamenti individuali nel Pd la maionese è impazzita.

Impazzita al punto che il quotidiano che quelli del Pd soprattutto leggono, La Repubblica, giustamente interpreta e titola: “Nichi e il suo popolo lontani dalla nomenclatura”. Giusto, è questo quel che è accaduto in Puglia, solo che il popolo non era “quello di Nichi”, ma quello del Pd. Popolo che chiama “nomenclatura” se stesso ogni volta che diventa ipotesi politica. Popolo che avversa e demolisce ogni netta definizione e identità politica di se stesso, qualunque essa sia, da anni.

D’Alema ha perso, sbattuto la faccia. Bersani ha fallito. Il Pd implode. Bonino e Vendola, bandiere e anime di partiti del 2 per cento trionfano e guidano elettori e militanti di un partito del 30 per cento. Altro che “nottata”, non passerà presto. Al Pd, ai suoi dirigenti, al suo popolo e all’opposizione in Italia… buonanotte!