Quel venerdì di Spatuzza, Mills, Berlusconi, Di Pietro, Napolitano…

Pubblicato il 3 Dicembre 2009 - 16:44 OLTRE 6 MESI FA


Quattro dicembre 2009, voi pensate che è un venerdì di regali natalizi, di shopping e di un “ponte” che a Milano arriva con un po’ di fantasia fino mercoledì 9. E invece è un venerdì, con annesso week-end successivo, in cui si fa o si disfa l’Italia. O almeno si recita, qua e là, la commedia triste dell’edificazione e del disfacimento.

Venerdì, ore otto del mattino, aula bunker del Tribunale di Torino. Qui già siede la Corte di Palermo, trasferita al Nord per motivi di sicurezza e già nel retro aula è Gaspare Spatuzza. Un mafioso, un killer mafioso, uno che strozzava le vittime. Uno che ha raccontato ai giudici, che lo ritengono almeno in parte credibile a seguito di riscontri, che i suoi boss, i Graviano, avevano rapporti con la politica. Non proprio con la politica in generale ma con la nascente Forza Italia. Spatuzza dice che i suoi boss gli dicevano di consultarsi con Marcello Dell’Utri e quindi con Silvio Berlusconi.

Dice che i Graviano avevano “interessi” a Milano e che i soldi li avevano trasferiti e investiti a Milano. Non sa di preciso a Milano dove, ma un’idea ce l’ha: nelle televisioni. E poi Spatuzza dice che, dopo gli affari, i suoi boss con i politici parlavano anche di politica. Politica giudiziaria e perfino criminale. È venerdì mattina e Spatuzza viene interrogato in aula. In un’aula di questo singolare paese dove la notizia dell’altro ieri è “Berlusconi non è indagato per mafia”, parola di magistrato. E dove Vittorio Feltri ancora ieri dice che invece è indagato, eccome. Vittorio Feltri che di Berlusconi è sostenitore e votante, strano paese.

Mentre Spatuzza parla, il presidente del Consiglio è, dovrebbe essere, ad inaugurare un pezzo di autostrada a qualche centinaio di chilometri di distanza. Se ci sarà contemporaneità ai minuti, assisteremo al fido Bonaiuti che, dribblando telecamera, sussurrerà all’orecchio l’ultima agenzia di stampa che arriva da Torino…

Mentre Berlusconi inaugura a Milano un’altra Corte deve decidere, nello stesso venerdì, se quell’inaugurazione la deve considerare come improrogabile impegno di Stato e quindi “legittimo impedimento” a che Berlusconi sia a Milano. A Milano a far che? A far l’imputato nel processo Mills. Mills, l’avvocato inglese già condannato per aver intascato 600mila dollari per deporre “coprendo” chi e perché quei soldi glieli aveva dati. E chi sarebbe quel qualcuno? Il coimputato Berlusconi che non è stato giudicato insieme a Mills perché allora vigeva il lodo Alfano, l’improcessabilità del premier che ora non c’è più.

Se a Milano venerdì Berlusconi non ci sarà, ci sarà però Ghedini, il suo avvocato. Che però deve tenersi anche in contatto con Roma. Come parlamentare deve ingegnarsi a che entro Natale ci sia un qualcosa che sospende i processi al premier. Per sempre non si può, allora almeno per sei mesi, oppure il processo breve che questa storia di Mills non la blocca ma la estingue per sopravvenuta prescrizione. Insomma, qualcosa. Che venerdì quello di Ghedini. E quello di Bonaiuti: se qui giudici di Milano non considerano l’inaugurazione “legittimo impedimento”, se Spatuzza ha detto cose orribili, è lui che deve informare il premier. Che giornata per Bonaiuti.

E per i due, trecento giornalisti, anche e soprattutto stranieri accreditati a Torino: non è di tutti i giorni il cartellone che annuncia: Pentito di mafia contro premier. E quelli al seguito del premier: che raccoglieranno? Rabbia calda? Fredda determinazione? Silenzio di ghiaccio? Esplosione di un nuovo “predellino” da cui Berlusconi parla al paese? Il Tg1 di Minzolini è preoccupato ma pronto, tocca a lui dare agli italiani la “linea ufficiale” di quel che accade.

Anche al Quirinale è uno di quei venerdì… Napolitano teme che Berlusconi non si tenga. Fini è forse il più calmo di tutti quando si sveglia venerdì, con lui Berlusconi non parla più e nulla vuole avere più a che fare. Certo se il Pdl gli spiattella lunedì alla Camera una legge d’emergenza contro i processi o qualcosa di simile saranno dolori per Fini…

Se il presidente della Camera cerca di coltivare la calma di chi è preparato al peggio, in un bagno di adrenalina politica e non solo si sveglia venerdì Di Pietro. Per il giorno dopo c’è la “sua” manifestazione di piazza per cacciare Berlusconi: il “No Berlusconi day”. Deve litigare con la Rai per la diretta, finire di imbarazzare il già imbarazzato Bersani, insomma un sacco di lavoro.

E, mentre tutto questo succede, voi pensate a un venerdì di shopping natalizio… Inconsapevoli, indifferenti. Ma forse saggi per caso e per sbaglio: dopo il venerdì che squaderna come un referto medico tutte le ferite della vita pubblica italiana, dopo l’Italia resterà esattamente come prima: ferita. Senza cure, cicatrici, aggravamenti, crolli. Solo ferita, come sempre. Sì, anche questo venerdì un po’ di shopping ci può stare.