Quirinale. Nel nome di Prodi: Pd ricompattato, Berlusconi fuorigioco

Pubblicato il 19 Aprile 2013 - 09:24| Aggiornato il 28 Gennaio 2023 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Quirinale. Nel nome di Prodi: Pd ricompattato, Berlusconi fuorigioco. Prodi è il nome scelto da Bersani e sul quale stavolta il Partito Democratico cerca di ricompattarsi. Dopo il tentativo Marini, accettato senza riserve da Berlusconi ma impallinato da franchi tiratori e contrari del centrosinistra, l’Assemblea dei Grandi Elettori del Pd, riunitasi stamattina presto nella sala del Capranica, vicino a Montecitorio ha scelto di giocare subito la carta Prodi. La proposta di Bersani è stata votata all’unanimità, dopo le divisioni e la profonda spaccatura in seno al partito causata dalla candidatura Marini: l’ex sindacalista convinceva il centrodestra ma veniva percepito come personaggio riconducibile alla Casta. L’ondata emotiva di reazione della base contro la scelta di Marini ha consigliato il drammatico cambio di fronte.

Applausi e standing ovation all’annuncio del nome di Prodi: un segnale di distensione rispetto a uno scenario che ormai sembrava dipingersi a tinte fosche e dove nessuna conseguenza era esclusa, scissione compresa. Un segnale anche al Parlamento, dove la compagine alleata di Sel si è già allineata al nuovo nome, e  per il quale il MoVimento 5 Stelle ha mostrato un gradimento verificabile in aula (era anche nella decina dei più votati alle Quirinarie).

“Prodi qualifica la nostra coalizione e parla al nostro Paese”: si incarna nella scelta la “fase nuova” che Bersani ha inteso compiacere con un nome nuovo (benché circolante). A destra è lutto stretto. Berlusconi temeva come il diavolo l’ex premier bolognese. Da lui è stato sconfitto due volte alle elezioni, l’unico che l’abbia battuto in “battaglia”. In Prodi il centrodestra non vede il presidente di garanzia auspicato. A parte le paure concrete di un presidente “espressione di una magistratura politicizzata” c’è anche il fatto simbolico: Prodi al Quirinale significa la chiusura di un ciclo, significa che l’unico degno avversario di Berlusconi alla fine ha prevalso decretandone la fine.

Il rapporto Pd-Pdl, per lo spazio di un mattino quasi avviato a un confronto privilegiato (candidato comune al Quirinale) verso un approccio destinato a larghe intese o governissimi mascherati, è tornato conflittuale come sempre: il Pd ha “sfiduciato” Bersani in Parlamento, l’Aula ha rigettato il temuto “inciucio”. Già ieri sera, quando il Pd meditava il cambio di cavallo in corso, il Pdl aveva provato a sabotare la discussione, negando una dilazione di qualche ora per la quarta votazione (dove serve la maggioranza secca e non i 2/3) per consentire un approfondimento ai Democratici. Poco male, il Pd si è riunito di mattina presto. Oggi altro sgarbo a testimonianza del cambio di clima: la prevista conferenza dei capigruppo è saltata.