ROMA – Se vincesse il “no” al referendum sulla riforma costituzionale Boschi “sarebbe un passo indietro per gli investimenti stranieri in Italia”: lo ha detto l’ambasciatore americano in Italia, John Phillips, intervenendo ad un incontro sulle relazioni transatlantiche organizzato all’Istituto di studi americani di Roma. Una presa di posizione che non è stata presa bene da gran parte del mondo politico, dal centrodestra alla sinistra dem, passando per il Movimento 5 stelle.
“Il referendum è una decisione italiana”, ha detto l’ambasciatore, ma il Paese “deve garantire stabilità politica. Sessantatrè governi in 63 anni non danno garanzia”, ha aggiunto Phillips. Il voto sulle riforme costituzionali, ha insistito, “offre una speranza sulla stabilità di governo per attrarre gli investitori”.
Secondo Philips, “quello che serve all’Italia è la stabilità, e le riforme assicurano stabilità, per questo il referendum apre una speranza. Molti amministratori delegati di grandi imprese americane guardano con grande interesse al referendum per capire quale sarà il contesto italiano per il loro investimenti”. Per questo, ha concluso Phillips, “la vittoria del “sì” sarebbe una speranza per l’Italia, mentre se vincesse il no sarebbe un passo indietro”.
Poi l’elogio diretto al presidente del Consiglio: “Renzi ha svolto un compito importante ed è considerato con grandissima stima da Obama, che apprezza la sua leadership”, ha aggiunto l’ambasciatore, ricordando che il prossimo 18 ottobre il premier italiano andrà negli Stati Uniti in occasione della cena di Stato offerta alla Casa Bianca dal presidente Barack Obama.
Gli attacchi all’esternazione dell’ambasciatore degli Stati Uniti sono piovuti da tutte le parti politiche. “Ricordiamo all’ambasciatore americano Phillips l’articolo 1 della nostra Costituzione: la sovranità appartiene al popolo…italiano”, twitta Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati, mentre il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri ricorda che “l’Italia non è una colonia e che non è compito dell’ambasciatore americano in Italia pronunciarsi sul referendum costituzionale. Putin vale mille volte Obama”.
Il leader della Lega, Matteo Salvini, invita Phillips a “farsi gli affari suoi e a non interferire, come troppe volte è già accaduto in passato, nelle vicende interne italiane. Spero che a novembre vinca Trump che ha già garantito che si occuperà delle questioni di casa sua. Se a votare sì al referendum sono i massoni, i banchieri e i poteri forti allora ancora più convintamente ci schieriamo per il no, ovvero per la libertà e il bene degli italiani”.
Dal centrosinistra si leva la voce dell’ex premier Pierluigi Bersani, che sbotta: “Cose da non credere. Per chi ci prendono?”. Mentre Gianni Cuperlo parla di “ingerenza grave nelle vicende interne di un alleato”.
A parlare di “grave ingerenza” è anche il Movimento 5 stelle, che in un comunicato stigmatizza “l’intervento irrituale” dell’ambasciatore statunitense a Roma. Ma dal Movimento 5 stelle a far discutere a sua volta è il messaggio di Luigi Di Maio, che proprio a proposito del referendum, in un post su Facebook ha paragonato Matteo Renzi al dittatore cileno Augusto Pinochet:
“Renzi non è un Presidente del Consiglio ma il più grande provocatore del popolo italiano, un Presidente non eletto, senza alcuna legittimazione popolare, che sorride mentre le persone soffrono. Il referendum di ottobre, novembre o dicembre (ci faccia sapere la data, quando gli farà comodo) lui stesso lo sta facendo diventare un voto sul suo personaggio che ha occupato con arroganza la cosa pubblica, come ai tempi di Pinochet in Cile. E sappiamo come è finita. Questa non è una riforma, è un attentato alla democrazia. (…) Un Presidente del Consiglio mai passato per il voto, che non ha mai presentato un programma elettorale agli elettori e che è a capo di una maggioranza eletta con una Legge dichiarata incostituzionale”.
E quello di Phillips non è l’unica presa di posizione degli Stati Uniti sul referendum costituzionale. Anche l’agenzia di rating americana Fitch ha parlato di “possibile intervento negativo sul rating dell’Italia” nel caso di “turbolenze politche o problemi nel settore bancario”. A dirlo, il responsabile rating sovrani per Europa e Medio Oriente di Fitch, Edward Parker, ad una conferenza a Londra: “Se ci fosse una vittoria del “no”, lo vedremmo come uno shock negativo per l’economia e il merito di credito italiano”, ha dichiarato.