Referendum. Berlusconi e la scelta obbligata

Pubblicato il 2 Giugno 2011 - 11:09 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Incassata la delusione del pronunciamento con cui la Corte di Cassazione ha dichiarato ammissibile il referendum per il Nucleare, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha deciso di lasciare agli elettori del Pdl libertà di voto. Una scelta che Marcello Sorgi sulla “Stampa” definisce “obbligata” per evitare di consegnarsi ad una sconfitta elettorale sicura, la seconda in un mese.

“Il ritorno del voto sul nucleare – scrive Sorgi – rende assai probabile, per non dire certo, il raggiungimento del fatidico quorum della metà degli elettori più uno, richiesto dalla legge per la validità dei risultati e negli ultimi quattordici anni mancato anche grazie ad attive campagne per l’astensione. Se avesse deciso di puntare sulla diserzione degli elettori dai seggi, Berlusconi avrebbe corso il rischio di dover fronteggiare una doppia ondata di «sì» all’abrogazione”.

Sorgi, infatti, individua due distinti fattori, le “ondate”, che dovrebbero portare gli italiani in massa alle urne: l’ondata numero uno “arriverà probabilmente da parte dei cittadini ancora impressionati dal recente disastro della centrale di Fukushima, e curiosi di sapere perché, se un Paese importante come la Germania ha prima sospeso e poi rinunciato del tutto all’utilizzo dell’energia atomica, l’Italia si ritrovi a indugiare, adoperando la tradizionale arma del rinvio e sotto sotto cercando di salvare il proprio piano nucleare”. La seconda ondata, invece, “verrà invece da tutti coloro che, soddisfatti per il recente crollo berlusconiano a Milano e a Napoli, non vedono l’ora di provocarne un secondo”.

A questo punto, è l’analisi di Sorgi, i margini di manovra per Berlusconi sono ridottissimi. Non può schierarsi per il “sì” visto che per il nucleare il suo governo si è speso e ha speso accordandosi con i francesi per un complesso piano di centrali. Non può schierarsi, però, neppure apertamente per il “no”. L’esito del referendum elettorale in Sardegna (con il 97% di no grazie) suggerisce cautela. Rimane, per Sorgi, una sola opzione: “La scelta di mettere in libertà i suoi elettori – scorciatoia a cui i partiti ricorrono in genere quando sono in imbarazzo e temono delusioni – in qualche modo era obbligata. Servirà a tenere Berlusconi lontano da questa seconda campagna elettorale, anche se non potrà puntare sull’astensione adesso che l’affluenza ai seggi si preannuncia più forte. Dovrà tuttavia rinunciare a mettere la sordina a media e tv, con l’aggravante, ironia della sorte, che l’odiata (da lui) par condicio gli si riproporrà stavolta in modo perfetto, con una ripartizione esattamente a metà degli spazi televisivi tra «sì» e «no»”.

E poi c’è la grana legittimo impedimento, il quarto quesito referendario oltre ai due sull’acqua. Sorgi lo definisce “la legge salva-processi che già la Corte Costituzionale ha dimezzato e va in scadenza a ottobre, e che lo costringe da aprile a presentarsi tutti i lunedì in Tribunale a Milano, già da sola bastava a trasformare il 12 giugno in un altro giudizio di Dio su di lui. Dopo tutto quel che ha detto sulla giustizia e sui giudici, però, sarebbe veramente molto strano trovarlo assente anche in questo campo, proprio quando sono gli elettori a doversi pronunciare sull’argomento che più lo preme. Se poi, com’è possibile, la legge sul legittimo impedimento, o meglio quel che ne resta, dovesse essere abrogata, sul piano processuale nulla cambierebbe per il più eccellente degli imputati. Ma diventerebbe più difficile riproporla sotto altre forme da Palazzo Chigi come già fu fatto quando la Consulta cancellò il lodo Alfano”.