Referendum: sul voto all’estero si decide il 16, a rischio il quorum

Pubblicato il 10 Giugno 2011 - 09:56 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Mancano due giorni al referendum e rimane il rebus del voto degli italiani all’estero. Il problema che si pone è questo: conteggiare sì o no, ai fini del quorum, le schede dei residenti fuori Italia? Secondo le stime dell’opposizione, conteggiando le schede estere, il quorum reale in Italia potrebbe crescere dai 4 ai 6 punti, alzando la soglia per la validità delle consultazioni dal 50 per cento +1 voto a circa il 55%. Per questo già si annuncia una pioggia di ricorsi alla Cassazione. Il punto, però, è che l’Ufficio centrale della Suprema Corte si riunirà giovedì 16 giugno. Potrebbe darsi, quindi, che le urne si chiuderanno lunedì 13 alle 15 ma che per il risultato definitivo si dovrà aspettare proprio il giovedì successivo.

Antonio Di Pietro ha preparato un’istanza sul nucleare e i Radicali su tutti e quattro i referendum. “Il voto all’estero mette a rischio il quorum di tutti e quattro i quesiti – ha dichiarato il segretario radicale Mario Staderini – La nostra istanza chiede alla Cassazione che non siano considerati ai fini del quorum, di tutti e quattro i referendum, quegli italiani all’estero che non hanno votato”.

Ma perché cosa si rischia? Si rischia quello che già è avvenuto al referendum del 18 aprile 1999 sull’abolizione della quota proporzionale nella legge elettorale della Camera. Allora a decidere l’esito del voto non furono gli oltre 21 milioni di italiani che si recarono al voto e che si pronunciarono al 91,5% per il “sì”, ma i 150.000 voti mancanti al raggiungimento del quorum. E dove erano mancati questi voti? A non far raggiungere il quorum fu in realtà il computo di 2.351.306 cittadini italiani residenti all’estero, dei quali però solo 13.542 (lo 0,5% degli aventi diritto) avevano ricevuto effettivamente il certificato elettorale e si era quindi recato a votare.