Reggio Calabria piena di tritolo aspetta il “Botto”. L’Italia prepara lacrime di coccodrillo

di Lucio Fero
Pubblicato il 5 Ottobre 2010 - 14:19 OLTRE 6 MESI FA

Giuseppe Pignatone, procuratore di Reggio Calabria

A Reggio Calabria attendono il “Botto”. Basta accendere una radio e ascoltare un notiziario per saperlo, oppure fare una telefonata laggiù a qualcuno che ci vive e lavora. A Reggio Calabria la ‘ndrangheta ha fatto quel che non ha mia fatto, ha “rivendicato” l’ultimatum in  forma di bazooka lasciato davanti alla sede del Tribunale, destinatario del messaggio il magistrato Pignatone. La ‘ndrangheta non rivendica mai, non ha bisogno di farlo perché si riconosca la sua “firma”. Se lo fa è perché a suo modo “avverte” che il “Botto” si avvicina. Basta chiederlo all’ultimo cronista che si occupa di crimine organizzato, basta chiederlo al primo poliziotto che si incontra “laggiù”. A Reggio Calabria circolano armi, armi pesanti come non mai, armi che vengono esibite. Basta mettere in fila le sequenze delle minacce di un anno. A Reggio Calabria c’è tanto esplosivo, tanto tritolo. Basta ascoltare il pacato e informato servizio mandato in onda dalla radio della Confindustria. Basta non essere sordi, ciechi e muti per sentire e vedere il pericolo del “Botto”, cioè dell’attentato in grande stile.

Ma non risulta che il capo del governo e  presidente del Consiglio stia per lanciare un pubblico monito alla ‘ndrangheta, uno di quei suoi discorsi tesi, decisi e nervosi con cui ogni giorno l’inquilino di Palazzo Chigi sbatte il pugno sul tavolo e avverte il popolo che “non lo permetterà”. Non risulta che il ministro degli Interni Maroni sia pronto ad una pubblica dichiarazione, ad uno “scudo”, fosse anche solo verbale, ad un avvertimento che lo Stato non tollererà. Non risulta che il ministro della Giustizia Alfano abbia contattato il Csm e che il Csm abbia reciprocamednte fatto altrettanto con il ministro. Una riunione, una sede congiunta, un’immagine di unità da sbattere in faccia a chi prepara il “Botto”. Non risulta, non c’è: il ministro è impegnato con il Lodo e il processo breve, il Csm con la pratica a tutela contro le dichiarazioni di Berlusconi.

Non risulta che la Fiom stia allestendo un presidio di piazza in una piazza di Reggio. Né che Beppe Grillo abbia aperto il suo blog per farne anello di una catena che disinneschi per quel che può la miccia che corre verso il “Botto”. Non risulta che i vari “popoli della legalità” stiano mobilitando per costruire una cintura umana a difesa degli uomini della legge minacciati di “Botto”. Non risulta che Bonanni e la sua Cisl e Angeletti e la sua Uil abbiano allertato le “strutture territoriali” dei rispettivi sindacati dopo le notizie, anzi le prove, della infiltrazione della ‘ndrangheta nelle imprese di “laggiù”. E non risulta che la Cgil di Epifani mediti, se non uno sciopero, almeno una “mobilitazione” laggiù. Non risulta che le due opposizioni, quella di centro e quella di sinistra, abbiano telegrafato a tutti i “circoli” di cui dispongono “laggiù” per fare da “scudi” politici se non umani ai possibili bersagli del “Botto”.

Non risulta nulla del genere. Faranno eventualmente tutto questo. Eventualmente dopo, dopo il “Botto”.