Ottocento candidati “sporchi” alle regionali. Fuori i nomi prima delle nuove liste dei partiti

di Lucio Fero
Pubblicato il 15 Novembre 2010 - 14:15 OLTRE 6 MESI FA

I numeri li hanno dati, i nomi per ora li tengono “coperti”. I numeri li hanno dati i Prefetti, sollecitati, anzi spinti dalla Commissione parlamentare Antimafia. Li hanno dati con qualche lentezza e burocratica reticenza al Parlamento. Sono i numeri dei candidati che non dovevano essere candidati alle elezioni regionali di marzo. Marzo 2010, non un decennio fa. Bene, anzi male: era l’inizio dell’anno che stiamo ancora vivendo e i partiti hanno presentato, voluto, accettatto, accolto in lista candidati “attenzionati” dalla magistratura e dalle forze dell’ordine. Gente che è stata indagata, accusata, talvolta condannata in primo grado. Gente di questo tipo, con questo curriculum i partiti si erano impeganti a non candidarla. Ma i partiti si sono “distratti”. Una, due, dieci, cinquanta volte? No, ottocento. Ottocento non sono un caso, tanto meno un’eccezione. Ottocento sono la misura di un’abitudine, una resa, anzi una voglia. La voglia dei partiti politici di prendersi comunque i voti che i candidati indagati, accusati, talvolta condannati possono portare. Voglia più grande di ogni “codice di autoregolamentazione” che i partiti politici ipocritamente hanno stilato e giurato di voler rispettare.

Ottocento, di questi 39 più che sospetti di “associazione mafiosa, estorsione e riciclaggio”. Cioè sospetti, fortemente sospetti, più che sospetti di legami come si dice “organici” con la criminalità organizzata. E gli altri? Gli altri 761 ladri “semplici”: indagati, accusati e talvolta condannati per “truffa, appropriazione indebita” e altri reati semplici ma sinceri. Ci hanno dato il numero, numero che ci dice come la politica sia “spugna” che assorbe e ingloba i candidati in odor di delinquenza. Non ci hanno dato i nomi e nessuno ha spiegato in maniera convincente perché sia per ora garantita loro e ai loro partiti questa “copertura”. Esclusi la vergogna e l’imbarazzo, foglia di fico la privacy, resta come sola spiegazione la stessa vastità del numero: ottocento. Una lista che a pubblicarla ci si rimettono voti.

Per ora quindi niente nomi. Speriamo solo per ora. Di quei nomi i partiti politici sono in debito con l’elettorato. Non per postume lacrime di coccodrillo o per “pulitura” fuori tempo massimo delle liste presentate alle regionali di marzo. Ma perché a marzo prossimo probabilmente si rivota, altre liste i partiti stanno allestendo. Liste di candidati, anzi di “nominati”. Nominati parlamentari perché la legge elettorale stabilisce che l’elettore non sceglie tra i nomi sulle liste. Vota il partito e il partito ha deciso chi sarà eletto. Sarebbe quindi utile conoscere quegli ottocento nomi, non tanto per sapere quanto per vedere. Vedere se qualcuno degli ottocento lo si ritrova nelle liste per le elezioni politiche dopo averli trovati in quelle per le regionali. Difficile ma non escluso, quegli ottocento sono andati in lista quasi sempre perché “collettori di voti”. E, se non proprio qualcuno di quegli ottocento, nelle prossime liste potremmo trovare loro parenti e affini. Parentela e affinità di “affari”. Per cui fuori quegli ottocento nomi, prima che il già diffuso contagio dei candidati delinquenti diventi pandemia. Se la “malattia” è incurabile, almeno che non sia nascosta.