Regionali. Lazio, Lombardia, Molise: i candidati, le primarie, gli schieramenti

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 16 Novembre 2012 - 09:45| Aggiornato il 17 Novembre 2012 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Lazio, Lombardia e Molise, tre regioni accomunate da un’interruzione anticipata della legislatura, dovranno eleggere un presidente e un consiglio regionale il 10-11 marzo 2013. Quali sono i candidati in lizza per prendere il posto di Renata Polverini, Roberto Formigoni e Michele Iorio, tre governatori disarcionati a vario titolo dalle inchieste della magistratura? Si faranno le primarie? Guida alle regionali a Roma, Milano e Campobasso: tutti i nomi.

Nicola Zingaretti, candidato del centrosinistra alla Regione Lazio (LaPresse)

LAZIO –  Nicola Zingaretti è l’unico punto fermo: il presidente della provincia di Roma, “cavallo vincente” del Pd che avrebbe dovuto già sfidare Alemanno alle comunali di Roma nel 2008, sarà il candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione. Candidato così forte da bypassare le primarie. Nato nel 1965, in politica da sempre, già nel 1991 era segretario nazionale della Sinistra giovanile e consigliere comunale. Europarlamentare dal 2004 al 2008. È fratello dell’attore Luca “Montalbano sono” Zingaretti.

Dall’altra parte c’è Renata Polverini che sta provando con ogni mezzo a rinviare le elezioni regionali, che insieme all’approvazione molto sbrigativa di delibere tutte da verificare, sembra essere il suo unico obiettivo da quando a fine settembre ha firmato le sue dimissioni da governatrice della Regione Lazio. Intanto ha raggiunto un primo importante traguardo: quello di scavallare il 2012 restando al suo posto e potendo così approvare il bilancio regionale di quest’anno, momento importante per dare un indirizzo “amico” a un bel po’ di denaro pubblico.

Dietro alla Polverini le manovre di un centrodestra che sa di affrontare una partenza ad handicap. Mentre il Pdl ragiona e guarda alle primarie convocate da Angelino Alfano per il 16 dicembre, a rompere gli indugi è stato il leader de La Destra, Francesco Storace: dal 9 dicembre partirà la campagna elettorale del suo partito. Tornando alle primarie pdl, ci saranno in campo il senatore Stefano De Lillo, ex Forza Italia. Prende quota l’ex ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma, che avrebbe il sostegno di tutta l’ala forzista del partito (leggi: Tajani). Gli ex An invece non hanno ancora trovato un nome che li unisca: Andrea Augello punta su Roberta Angellili o Sveva Belviso, mentre Fabio Rampelli potrebbe scendere in campo in prima persona.

 

Roberto Formigoni deputato nel 1987

LOMBARDIA – La fine dell’era di Roberto Formigoni, che governa ininterrottamente la Lombardia dal 1995, non significa automaticamente un lasciapassare per il centrosinistra, che non ha mai amministrato la Regione da quando ci sono le elezioni col sistema maggioritario.

Ai blocchi di partenza per il centrodestra si presentano due “big shot” come Roberto Maroni e Gabriele Albertini. Quest’ultimo ha dichiarato che “Se il Pdl sosterrà un altro candidato, che penso sia Maroni, potrei anche restituire la tessera, la numero 216”. E in ogni caso: “La mia candidatura è indipendente dal Pdl”. Infatti il suo principale sponsor è Formigoni. Albertini, del resto, fu eletto sindaco di Milano con Forza Italia nel 1997, ma poi si sganciò sempre di più dal partito. Senza esagerare, perché è rimasto a Palazzo Marino fino al 2006 e intanto è entrato all’Europarlamento nel 2004, nelle file di Forza Italia e poi del Pdl. A suo merito, non è mai stato toccato da indagini. A suo demerito, in nove anni di governo non ha mai affrontato di petto nessuno dei grandi problemi di Milano.

Diversa è la situazione di Maroni, segretario da luglio della Lega Nord, partito in crisi in Lombardia come nel resto della “Padania” dopo anni di troppo governo e poca lotta. Fino a un anno fa, Maroni sarebbe stato un cavallo vincente sicuro e anche l’unico leghista che avrebbe messo d’accordo tutto il centrodestra. Ora non è più così. Probabilmente il Pdl alla fine appoggerà l’ex ministro dell’Interno, ma se la candidatura Albertini rimarrà in pieni darà molto fastidio. “Da solo prenderà il 5%”, dice di Albertini il maroniano Matteo Salvini. Ma forse non ci crede neanche lui. Il rischio-Sicilia, dove fra Musumeci e Micciché l’ha spuntata Crocetta, è dietro l’angolo.

Umberto Ambrosoli (LaPresse)

Dall’altra parte invece si discute di primarie, anche perché di candidati forti all’orizzonte non se ne vedono. C’è un candidato sicuro, ma alle primarie, che è Umberto Ambrosoli, figlio dell’avvocato Giorgio, fatto uccidere nel 1979 dal finanziere Michele Sindona perché aveva indagato sui suoi affari. Ambrosoli che è stato inizialmente chiamato da Giuliano Pisapia, poi da Enrico Letta, ma l’avvocato quarantunenne ci ha tenuto a smarcarsi dai partiti tanto da rinunciare in un primo momento a candidarsi per poi ripensarci una volta chiarito il profilo “civico” della sua candidatura: “Perché dopo aver detto di no mi sono confrontato con il pensiero, le aspettative e le speranze di tante altre persone. Sono stato travolto letteralmente da mail, lettere, messaggi che ripetevano: “Se ti fossi candidato, sarei andato a votare, peccato”. Ed erano richieste diverse da quelle arrivate inizialmente”.

Gli altri nomi in lizza per il centrosinistra sono il consigliere regionale del Pd Fabio Pizzul, primo degli eletti pd nel 2010, figlio del mitico telecronista Bruno, 47 anni, 4 figli, cattolico, profilo basso. Poi c’è Pippo Civati, 37 anni, sempre consigliere del Pd, già “rottamatore” della prima ora, poi ha abbandonato il coetaneo Matteo Renzi per smarcarsi dal “renzismo” e conservare un profilo più “di sinistra”. Molto seguiti il suo blog (Ciwati) e il suo profilo twitter, è stato più volte indicato per le primarie nazionali. Ora farà quelle lombarde. Altre figure in corsa sono l’attore Giulio Cavalli, 35 anni, consigliere più votato dell’Idv nel 2010, profilo antimafia. Infine Alessandra Kustermann, 59 anni, prima donna a essere nominata primario ginecologo alla clinica Mangiagalli. Candidatura “civica” che ha fra i suoi sostenitori Bice e Carla Biagi, Gad Lerner, Fabrizio Onida, Caterina Sarfatti, Daniela Benelli, Carlo e Nando Dalla Chiesa.


Michele Iorio, governatore del Molise dal 2001 (LaPresse)

MOLISE – Al momento al centro del dibattito c’è la neve. “Solo degli incompetenti e irresponsabili possono pensare di votare a febbraio in Molise, regione considerata per metà montana”, tuona il senatore e coordinatore regionale pdl Ulisse Di Giacomo. Il 10 febbraio 2012 Campobasso era sommersa da due metri di neve. Era una di quelle due settimane di nevicate storiche che avevano colpito tutta Europa. Eccezioni a parte, il 10 e l’11 febbraio in Molise l’imbiancata è un’ipotesi più che probabile. E potrebbe succedere spesso anche a gennaio, durante il periodo dei comizi elettorali. Potrà di più il clima della disaffezione alla politica, nell’ingrossare le fila dell’astensionismo?

Certo è che in 11 anni è la seconda volta che la giustizia amministrativa annulla le elezioni regionali molisane. Nel 2001 in sella c’era Giovanni Di Stasi, del centrosinistra, che aveva superato di 900 voti il candidato del centrodestra, Michele Iorio: fu proprio quest’ultimo, una volta ottenuto l’annullamento delle elezioni, a essere eletto presidente nel novembre 2001, riconfermato poi nel 2006 e nel 2011, per uno scarto di 1.500 voti sullo sfidante di centrosinistra Paolo Di Laura Frattura.

Paolo Di Laura Frattura ha fatto ricorso per irregolarità nella raccolta delle firme, ha vinto ed esulta: è l’unica certezza che hanno i molisani, Frattura sarà il candidato del centrosinistra alle prossime regionali. Certo anche è il suo passato: Forza Italia, poi alleato di Iorio fino al 2010.

Nel centrodestra invece il candidato potrebbe non essere Iorio. Lui grida all’ingiustizia e si dice prontissimo a ricandidarsi. Sarebbe la quinta volta per lui, dopo le regionali perse nel 2000, vinte nel 2001, nel 2006 e nel 2011. Quattro tornate elettorali, 11 anni da governatore, Michele Iorio ha irrorato di fondi pubblici tutto il Molise, “politica” che potrebbe fruttargli la quarta riconferma alla presidenza della Regione. Ma nel Pdl c’è più di qualche scetticismo. Se ne fa portavoce il coordinatore regionale Di Giacomo: “Sono da evitare fughe in avanti e riproposizioni di ruoli personali”.

Con il molisano più noto d’Italia, Antonio Di Pietro, in un momento di grande difficoltà, molto ci si aspetta, come risultato elettorale, dal MoVimento 5 Stelle di Beppe Grillo, alla ricerca del candidato su internet. Nel 2011 andò malino: il candidato Antonio Federico ottenne 10.650 voti, il 5,60%, ma non ottenne neanche un seggio perché la lista M5S non raggiunse il quorum del 5%: 4.393 elettori votarono il candidato e non M5S. Dario Franceschini tuonò su Twitter: “Per un pugno di voti in Molise vince il candidato di destra, inquisito, grazie ai voti di Grillo, tolti al centrosinistra. Come in Piemonte”.