Regioni “amareggiate“, la parola è quella e non altra. Non preoccupate o impegnate o sfinite o determinate. No, la parola è stata scelta con cura e precisione e messa nero su bianco in una istituzionalissima lettera inviata a nome di tutte le Regioni alla presidenza del Consiglio. Lettera serissima, vi si accusa perfino il governo di aver agito fuori e contro la Costituzione.
Amareggiate è più che dispiaciute, ed è molto più che contrarie. L’amarezza si prova di fronte a qualcosa di negativo cui non si riesce a porre argine. E di cosa sono amareggiate, cosa amareggia le Regioni italiane? Il dover riaprire le scuole superiori al 70 per cento della cosiddetta presenza. Il dover rimandare in classe gli adolescenti o almeno due su tre di loro amareggia, affligge la mente e l’anima del ceto politico e amministrativo che governa e amministra le Regioni.
L’elettorato capirà, la storia e l’economia no
L’elettorato, forse, capirà questa amarezza. Non poco di elettorato la condivide, non mancano settori di pubblica opinione e associazioni e membri di categorie che masticano la stessa amarezza nell’ipotizzare scuole aperte mentre bar chiusi. E altro di elettorato perdonerà un intero ceto politico di aver provato ed esternato simile “amarezza”. Altra porzione di elettorato semplicemente dimenticherà. Non altrettanto faranno la storia e l’economia.
Presidenti e assessori e consiglieri regionali avranno in queste ore le congratulazioni e l’appoggio dei rappresentanti delle categorie del commercio o della ristorazione o semplicemente del territorio, staranno in queste ore facendo il bilancio, positivo, del consenso ottenuto. Ma la storia registrerà nei prossimi decenni la barbarie incivile dell’essere amareggiati dal dovere riaprire scuole, la profondità di un abisso culturale in cui questa amarezza si genera e prolifera. E l’economia, l’economia tanto cara agli amareggiati, punirà già nei prossimi anni il paese che dà corpo e realtà a quella che era un’immagine.
Regioni amareggiate per le scuole: mangiarsi il futuro dei figli, magari a ristorante
Mangiarsi il futuro dei figli era solo un’immagine forte ad indicare una comunità che per via di debito pubblico e per indulgenza di massa verso la bassa produttività carica sulla generazione oggi ragazza o bambina tutto il peso di produrre ricchezza e sostenere il debito. Ora l’immagine ha un suo quadro che neanche un Caravaggio quanto a realismo e nitidezza e splendente crudezza.
Mangiarsi il futuro dei figli, magari a ristorante riaperto per l’occasione anche a sera e anche al chiuso come da esplicite richiesta delle Regioni “amareggiate” dal dover riaprire le scuole contro loro volontà e costrette contro loro volontà a tenere ristoranti ed altro chiusi a metà. L’elettorato capirà, forse perfino applaudirà.
La storia e l’economia non faranno altrettanto: l’amarezza di un ceto politico che si dice costretto ad aprire scuole è il segno indubitabile di un Alzheimer civile e la premessa sicura di una rinuncia ad avere le competenze e le qualità, insomma l’istruzione che produrrà e distribuirà ricchezza.
Ultimo ma non ultimo: l’amarezza e la lettera e le richieste della Regioni sono all’unanimità. Dunque, vada per Emiliano che di scuole aperte ha sempre avuto lontananza, vada per De Luca che le ha chiuse senza misura, vada per Bonaccini particolarmente sensibile alle categorie produttive e alle loro istanze, ma Zingaretti? E’ il presidente della Regione Lazio. Era fino a poco fa il segretario del Pd. Anche il Pd prova “amarezza” nel riaprire scuole e non aprire al secondo turno a cena a ristorante?