Renato Brunetta: “Bravo Professore, l’accordo blocca spread? Un flop di successo”

Pubblicato il 30 Giugno 2012 - 11:00 OLTRE 6 MESI FA

Renato Brunetta (LaPresse)

 

ROMA – L’ex ministro Renato Brunetta, in un’intervista per Il Giornale del 30 giugno spiega il suo punto di vista sull’accordo “blocca spead” raggiunto dal premier Mario Monti. Secondo l’ex ministro della Funzione Pubblica, nella sfida con la Germania il vero vincitore è Balotelli. L’economista e coordinatore dei di­partimenti del Pdl, nella sua sentenza di condanna senza appello aggiunge che il Professore Mario Monti “ha otte­nuto il massimo del niente”.

Professore, che cosa non la con­vince del meccanismo che do­vrebbe mettere l’Italia al riparo dalla febbre da spread?

“Premessa: non voglio essere in­generoso con Monti, che conside­ro serio e determinato: con questa Unione europea miope, egoista, priva di qualsiasi visione strategi­ca non si poteva pretendere di più. Se questo gioco di specchi funzio­na, chapeau . Ma se funziona, allo­ra vuol dire che i mercati non sono altro che tigri di carta. Ne dubito, perché questo scudo non è neppu­re una scacciacani”.

Men che meno quel bazooka piùvolteinvocatodurantelacri­si?

“Figuriamoci…L’arma letale sa­rebbe stata l’attribuzione alla Bce dei poteri di prestatore di ultima istanza. Consentire a Draghi di stampare moneta, così come fa la Federal Reserve Usa”.

Come chiedere alla Germania  di adottare gli Eurobond…

“Appunto: impossibile. A Berlino si può imputare, come una delle colpe più gravi, di non aver subito aggredito la cri­si greca. Bastava mette­re sul piatto 50 miliar­di, e la partita si chiu­deva. Invece si è prefe­rito demonizzare i go­verni, fino al punto da in­fliggere pesanti ferite democrati­che, creare un clima populista e an­ti­tedesco”. 

I mercati sembrano però aver dato una lettura diversa del ver­tice di Bruxelles: un abbaglio collettivo?

“Innanzitutto aspettiamo lune­dì. E poi, ripeto: solo modificando lo statuto della Bce l’effetto di deter­renza sarebbe massimo. In realtà, Monti non ha fatto altro che sposta­re sui fondi salva-Stati Efsf ed Esm l’onere di somministrare quella che non è altro che tachipirina fi­nanziaria. Interventi che sono, pe­raltro, già previsti dallo Statuto. Ma così con cambia nulla: le risor­se­dei fondi appartengono agli Sta­ti dell’euro zona e alla Bce. E, si ba­di bene, si tratta di risorse limitate: 700miliardipossonoprestodiven­tare l’oggetto del desiderio dellaspeculazione”. 

Sembra tuttavia significativa l’esclusione del Fondo moneta­rio internazionale dai compiti di controllo cui saranno assog­gettati i Paesi che faranno ricor­so allo scudo.

“Questo è un argomento molto delicato. Quando l’Fmi interviene, è come se una famiglia chiedesse aiuto alla Caritas. Ma quando il Fondo scende in campo, scatta un vero e proprio commissariamen­to. La Merkel sostiene che il con­trollo sarebbe solo interno, cioè ri­conducibile all’Ue e alla Bce, ma ciò non elimina le perplessità sul­l’inefficacia dello strumento. Sa perchè sulle banconote da dieci dollari è raffigurato Alexander Ha­milton, primo segretario al Tesoro degli Stati Uniti? Il solo, oltre a Benjamin Franklin, ad avere que­sto onore riservato ai presidenti?.”

Me lo dica lei…

“Hamilton ha avuto il merito di battersi per la creazione di un uni­co sistema monetario, con Washin­gton che si faceva carico dei debiti dei singoli Stati. Ci riuscì, salvando­li dalla bancarotta e producendo una grande forza di coesione che eliminò le voglie di secessione”.
 

E quindi?

“Hamilton insegna che la sola moneta non basta a tenere insie­me più Stati: per federalizzare i de­biti, occorre un’unione politica,fi­scale, bancaria e una banca centra­le col potere di stampare moneta. Tutte queste cose l’Europa non le ha fatte finora e non le farà nel futu­ro prossimo venturo. Allora, io di­co a Monti: meglio far da soli”.

Come, uscendo dall’euro?
“Macchè, l’unica soluzione è at­taccare il debito”.

Con i soliti strumenti?

“Non parlo di manovre, nè di pa­trimoniali. L’idea è quella di confe­rire a un fondo di capitali gli immo­bili pubblici, gli asset di società quotate, magari le riserve auree ec­cedenti i vincoli dell’euro e valuta­rie in modo da poter emettere bond a tripla A. Questo strumento permetterebbe il passaggio del­l’Italia da un’economia sovietica a un’economia capitalistica. Que­sto sarebbe il vero antibiotico, raf­forzato dalle vitamine delle libera­lizzazioni e privatizzazioni, contro lo spread. Darebbe un segnale for­tissimo ai mercati, ma non solo: ci libererebbedall’oppressionefisca­le, da questo mood pessimista e dalla subordinazione nei confron­ti della Merkel”.

In termini pratici, quale sareb­be l’impatto sul rapporto debi­to- Pil?

“Con un piano serio, per cui è in­dispensabile la coesione politica, in cinque anni è possibile abbassa­re il debito sotto il 100% del Pil. Nes­suna manovra lo può fare. Tanto­meno la tachipirina dello scudo an­ti­spread”.