La rivolta di Roma: la cronaca della rabbia precaria, la favola dei black-bloc, il mito degli infiltrati, la bugia dei terroristi

di Lucio Fero
Pubblicato il 15 Dicembre 2010 - 16:14 OLTRE 6 MESI FA

Rabbia precaria, se i politici di sinistra e gli editorialisti dei quotidiani progressisti leggessero le cronache da loro stessi invocate e pubblicate saprebbero cosa e chi c’è stato il 14 dicembre a Roma a scontrarsi con la polizia: la rabbia precaria. Non i black-bloc, entità che ormai somiglia “all’uomo nero” sempre evocato e avvistato e mai toccato con mano. Tanto meno gli “infiltrati”, nuovo alibi consolatorio, eterno mito a scarico del dovere di sapere e capire, prima ancora che a scarico di responsabilità. Eccole le cronache: “I black-bloc non esistono, la rivolta è stata molto naturale, sostenuta da un sentimento collettivo. Quando gli agenti schierati sono indietreggiati sotto la nostra spinta in Piazza del Popolo hanno applaudito tutti i manifestanti”. E’ La Repubblica che a caldo intervista in piazza durante e dopo gli scontri, non Il Giornale che inventa e commenta a freddo. E così La Stampa e Il Corriere della Sera, così le cronache di tutti i cronisti che hanno visto la partecipazione e l’appoggio di massa, della massa dei manifestanti alla rivolta.

Ma il Pd e la sinistra si raccontano, raccontano soprattutto a se stessi, la favola degli “infiltrati”. Infiltrati multiformi. A “guastare” la manifestazione ci sarebbero stati gli “infiltrati” dell’estremismo, insomma i pochi cattivi e violenti che la polizia non avrebbe saputo fermare e rendere inoffensivi salvando così i cortei dal contagio. E ci sarebbero stati “infiltrati” della stessa polizia, “provocatori” con il manganello addetti, non si sa per iniziativa personale o se in esecuzione ad ordini precisi, a fomentare gli scontri. Dunque la polizia al tempo stesso imbelle e guerrafondaia, colta di sorpresa e in cabina di regia, violenta e molle. A sinistra li cercano disperatamente questi “infiltrati” per sfilarsi dalla pesantezza della realtà. Che non è quella dei giornali e dei politici di destra e cioè di un nuovo “movimento” para terrorista, di una riedizione-riesumazione degli anni settanta indotta e organizzata da cattivi e antichi maestri. No, sono volutamente, ottusamente cieci anche a destra. La pesantissima realtà è quella di migliaia di giovani e un po’ meno giovani, per nulla black-bloc e per nulla infiltrati che sik lanciano nella rivolta. Migliaia di ragazzi e ragazze normalissimi, in preda a covata e quindi esplosa rabbia precaria.

La rabbia precaria, come le migliaia che l’hanno incarnata, non è roba pregiudizialmente, programmaticamente, coscientemente di sinistra o di destra. E’ altro fenomeno storico e sociale. Questi giovani sanno di vivere oggi, e ancor più domani, in un mondo che non garantirà loro il benessere, e anche i privilegi ormai vissuti come diritti acquistiti e d’improvviso negati, della generazione che li ha preceduti. Lo sanno ed hanno mille ragioni, prove provate di questa consapevolezza. Sanno il come ma non elaborano il perché. Questo rifiutano di saperlo. Il perché lo attribuiscono a un fantastico e maligno mondo dei poteri “cattivi”, mondo abitato dai Parlamenti, dai governi, dai partiti, dalle banche, dai ricchi, insomma dagli “altri”. L’ineluttabilità di un passo indietro nei consumi, nel reddito, nella sicurezza sociale non se la spiegano e non se la vogliono spiegare. La vivono prima ancora che come una difficoltà come un sopruso, prima ancora che come un dramma collettivo come un’immotivata angheria da rimuovere. Soffrono la loro vita precaria e vorrebbero fosse abolita, rimossa per miracoloso decreto. E tutto mischiano senza distinguere: il diritto allo studio e quello alla laurea, il diritto all’opportunità di lavoro e quella al posto garantito, il bisogno di una collettività che si occupi di loro con la spesa pubblica a piè di lista di bisogni, l’invocazione di uno Stato sociale con il rifiuto dello Stato. Quando si forma, si aggrega e carica la rabbia precaria non ci sono buoni e cattivi in piazza e sulle barricate. Quando carica la rabbia precaria nessun corral la trattiene e comprende, né le staccionate di gomma piuma della sinistra indulgente e neanche le sbarre acuminate della destra repressiva.

A Roma c’è stata rivolta di massa che non si esorcizza cercando infiltrati e non si annulla e nega inventando nipotini degli anni di piombo. A Roma l’unica che ha capito o almeno intuito qualcosa è stata nel suo piccolo la polizia. Non saranno d’acc0rdo i commercianti romani che piangono sulla giornata d’incasssi natalizi perduti ma meno male che c’è stata la polizia che c’è stata. Capace di indietreggiare, di sparire, di fare elastico e non muraglia. Altro che polizia “cilena”: se almeno si leggessero le cronache…