Ru-486, polemiche sul primo aborto in Lazio, Polverini: “Troppo poco solo un’ora di ricovero”

Pubblicato il 10 Giugno 2010 - 20:40 OLTRE 6 MESI FA

Renata Polverini

Dopo la prima somministrazione della pillola abortiva Ru-486 nel Lazio, si scatenano le polemiche sul ricovero della paziente. In particolare gli strali si concentrano sulla durata della degenza: solo un’ora.

La donna infatti ha rifiutato il ricovero e ha firmato le dimissioni dall’ospedale Grassi di Ostia. Una decisione avvenuta solo qualche ora prima dell’approvazione in giunta regionale del Protocollo operativo sulla somministrazione della pillola abortiva, che prevede tre giorni di ricovero e l’individuazione di strutture idonee.

“Mi auguro che non succeda nulla, ma se succedesse qualcosa ognuno si assumerà le sue responsabilità. Io al posto dei medici dell’ospedale Grassi non l’avrei fatto”, ha detto il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini commentando la vicenda proprio durante la presentazione del Protocollo operativo sull’uso della Ru486, esclusivamente in regime di ricovero ospedaliero.

Il documento ha un valore più vincolante rispetto alle sole linee guida annunciate in precedenza dalla Regione, perché il Protocollo “ha un valore giuridico e quindi dev’essere applicato”.

Oltre ai tre giorni tassativi di ricovero, il Protocollo richiede che la diagnosi di gravidanza sia molto precoce, quindi “è necessario che a livello territoriale venga attuata una diffusa informazione”.

Inoltre tutte le strutture che intendono rispettare il documento “devono dotarsi, in funzione della domanda, di uno o più posti letto ordinario appositamente dedicati”.

Il prossimo passo, secondo la Regione, sarà l’individuazione delle strutture ospedaliere idonee nel Lazio, anche in base alla disponbilità di posti letto. Ma la scelta delle strutture richiederà almeno una decina di giorni.

Nel frattempo “ognuno si assumerà le proprie responsabilità – ribadisce Polverini – Da oggi mettiamo in campo i nostri strumenti e credo che le strutture si debbano adeguare. Del resto parliamo sempre di un aborto chimico”.

“Non potevamo opporci”, ha spiegato invece il direttore sanitario dell’ospedale Grassi, Lindo Zarelli, a proposito della decisione della donna di lasciare l’ospedale dopo aver preso la pillola. Per Zarelli i pazienti hanno il diritto di “appellarsi all’articolo 32 della Costituzione, secondo cui nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario”.

Ferma ma rassegnata la risposta della Polverini: “con l’assistenza in ospedale si rischia di meno, ma non possiamo incidere certo sulla libertà delle persone”.