Salva Sallusti, legge bavaglio? Ai politici va bene

Pubblicato il 23 Ottobre 2012 - 16:51 OLTRE 6 MESI FA
I politici sono per lo più favorevoli al disegno di legge sulla diffamazione a mezzo stampa uscito dalla Commissione Giustizia al Senato, detto anche salva Sallusti (Foto Lapresse)

ROMA – Niente più carcere per i giornalisti accusati di diffamazione, ma interdizione dalla professione e multe. Il disegno di legge sulla diffamazione a mezzo stampa, detta anche “salva-Sallusti” (perché elimina il carcere per i giornalisti dopo la vicenda del direttore di Libero condannato a 14 mesi) o “legge bavaglio” va bene ai politici, di destra e di sinistra.

Per il vicepresidente del Csm (Organo di autogoverno dei magistrati), Michele Vietti ”dobbiamo stare attenti a non confondere i reati di opinione, che ovviamente non vanno mai perseguiti, con la diffamazione che consiste nell’addebito di un reato ad altri. E questo mi pare difficile da legittimare. Ciò premesso è evidente che se viene eliminata la sanzione della detenzione, in qualche modo dobbiamo agire sulle pene. Cioè, se togliamo il carcere, come penso sia giusto fare, un inasprimento della pena pecuniaria è inevitabile. Inoltre, c’è da tener presente che non possiamo trattare diversamente la diffamazione a mezzo stampa rispetto al reato di diffamazione del comune cittadino”.

Per Silvia Della Monica, senatrice dl Pd e relatrice del disegno di legge, si tratta di un testo “equilibrato”. “Nel ddl non è previsto che la responsabilità editoriale passi all’editore. E’ il testo unico della stampa del ’48 a prevedere il coinvolgimento dell’editore in caso di dolo. Sono state diffuse notizie sbagliate su questo punto. Nel testo si prevede solo un’aggravante nel caso del dossieraggio, quando concorrono alla commissione del fatto più soggetti, compreso l’editore”. Per quanto riguarda Internet è stata estesa la normativa solo alle ”testate giornalistiche diffuse per via telematica”, ma ”il nodo resta aperto perché c’è chi vorrebbe che la normativa riguardi solo le edizioni telematiche dei giornali cartacei e chi, come il Pdl, vorrebbe includere tutte le pubblicazioni web”.

Il senatore del Pd Felice Casson sottolinea che il suo partito ha cercato e ottenuto “un punto di equilibrio le tra due esigenze costituzionalmente tutelate della libertà di stampa e della tutela della onorabilità della persona. E’ stato innanzi tutto cancellato il carcere per i giornalisti. E’ stato bocciato il cosiddetto ‘emendamento anti Gabanelli’, così come è stata annullata un’estensione indiscriminata di responsabilità agli editori che avrebbe comportato un serio rischio di interferenza nell’attività giornalistica. Sono stati accolti due emendamenti del Pd, uno per eliminare la sanzione della riparazione in aggiunta rispetto al risarcimento danni, patrimoniali e non, l’altro per equilibrare la pena da infliggere al giornalista, in considerazione della gravità dell’offesa e della diffusione del periodico”.

Fa alcuni distinguo Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21: ”Ci fa piacere che il testo sulla diffamazione escluda il carcere per i giornalisti e che sia scomparsa la vergognosa norma immediata ribattezzata ‘anti-Gabanelli’ contro la quale sono state raccolte migliaia di firme, ma il testo finale è lontanissimo dalle necessità sia per quanto riguarda la tutela del diritto di cronaca che sulla tutela dei diffamati. In particolare continua a mancare qualsiasi riferimento al giurì per la lealtà dell’informazione e all’effettivo uso dell’istituto della rettifica e non sono state minimamente recepite le proposte delle associazioni del giornalisti in merito alle cosiddette querele temerarie che vengono utilizzate come sistematico strumento di minaccia e di repressione nei confronti di centinaia di cronisti, in particolare contro coloro che indagano sulle mafie, sulle camorre e sulle consorterie di ogni natura e colore. Se e quando questo testo così fatto dovesse arrivare alla Camera non solo non lo voteremo, ma chiederemo anche a tutti gli altri gruppi parlamentari di utilizzare tutti gli strumenti necessari per contrastarlo”.

Critico il senatore del Pd e vicepresidente della Commissione Cultura Vincenzo Vita: ”E‘ sconcertante, antistorico e contraddittorio con tutti i richiami al digitale, ciò che è passato a maggioranza in commissione Giustizia del Senato in merito alla rete. Si sono messi sullo stesso piano i giornali figli dell’era analogica con quelli pensati e immaginati online. Non solo: si introducono norme pecuniarie persino superiori a quelle già molto alte previste nei testi originari”.

Secondo il senatore del Pdl Raffaele Lauro il ddl rischia “di caricarsi, progressivamente, di contenuti anomali, che minacciano la stessa libertà di stampa e quell’informazione diffusa, attraverso la rete ed i blog, che ha arricchito i processi informativi, la trasparenza delle istituzioni e la partecipazione dei cittadini alla vita democratica”. Per questo Lauro ha chiesto di ricondurre ”il provvedimento alle finalità originarie, perché nessun sopruso liberticida potrà essere tollerato”.

Bruno Murgia, deputato del Pd, critica le norme sul web: ‘‘Gli amministratori di blog e gli utenti dei social network non possono correre il rischio di essere chiamati a rispondere del reato di diffamazione per il materiale pubblicato sulle loro pagine. Il testo elimina la detenzione per i giornalisti, ma inasprisce le pene pecuniarie per questo genere di reato. Un risultato molto pericoloso soprattutto per il web e le piccole testate online. Alla Camera ho presentato una proposta di legge contenente la semplice modifica dell’attuale articolo del codice penale. Per ovviare a diversi problemi e tutelare l’onore dei diffamati si potrebbe puntare sulla rivalutazione della rettifica, istituto fondamentale e spesso poco utilizzato. In questo momento sarebbe gravissimo punire i blogger e gli utenti di Internet”.

Il vicepresidente del Senato Vannino Chiti critica “l’esclusione dei siti web, la responsabilità degli editori”. Per Chiti è ”senza dubbio importante il superamento del carcere, intento che aveva guidato, insieme alla tutela della persona diffamata, la proposta di legge che mi ha visto come primo firmatario. Rimango non convinto della eccessiva pena pecuniaria prevista e in disaccordo rispetto all’esautorazione di fatto dell’Ordine dei Giornalisti in merito alla sospensione e esclusione dall’albo. Anche la rettifica deve essere ‘documentata’ per evitare condizionamenti potenti alla libertà di indagine dei giornalisti”.