Sant’Orsola, Marino, Pd: la “società vile” nega la sala al chirurgo candidato perdente

Pubblicato il 20 Gennaio 2010 - 15:03| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Ignazio Marino

Erano le settimane tra l’estate e l’autunno del 2009, Ignazio Marino, uno cui nessun medico in Italia e all’estero contesta il rango di maestro della chirurgia dei trapianti, ha quasi raggiunto un’intesa con l’ospedale Sant’Orsola-Malpighi di Bologna. L’ospedale gli darà l’uso di una sala operatoria e Marino opererà lì. Retribuzione per Marino: 1500 euro ad intervento mentre il Sant’Orsola si fa pagare 25mila euro per operazioni di simile complessità.

Alla base di quell’accordo c’è dunque la riconosciuta fama del chirurgo, il vantaggio per i pazienti, il tornaconto economico e di prestigio dell’ospedale. Però Ignazio Marino in quelle settimane corre come candidato alle primarie per segretario del Pd. E allora, qual è il problema? Il problema è che corre come candidato sicuro perdente. E quindi la “società vile”, quella civile è evidentemente sotto prolungata anestesia,  pensa che quell’accordo è meglio insabbiarlo, lasciarlo cadere. Nessuno dà questo ordine o consiglio alla “società vile”, fa da sola. La “società vile” ragiona così: qui siamo a Bologna, terra di Pd. Marino non sarà segretario del Pd, sarà minoranza, opposizione. Quindi quelli che comanderanno nel Pd potrebbero non gradire una sala operatoria per Marino. Non l’ha detto nessuno alla “società vile”, ma non si sa mai. L’istinto gregario ordina e consiglia: niente Marino al Sant’Orsola, ospedale pubblico e quindi tenuto a “tener conto della politica”.

E’ la storia vigliacca, civilmente vigliacca raccontata dalle intercettazioni in mano alla Procura di Crotone. Che c’entra Crotone? Sta indagando su altro ma capta per caso le conversazioni tra Giuseppe Carchivi, un commercialista con studio a Siena, e un “professore” il cui nome non è stato reso noto. Cosa si dicono i due? Dice il professore: “Non è che hanno detto no, l’hanno rimandata…C’è poco da fare, Marino si è schierato da un’altra parte dove stanno questi”. Carchivi il 20 agosto riceve una telefonata dall’interno del Sant’Orsola, parla un chirurgo: “Ti volevo raccontare una cosa successa la settimana scorsa, dopo lo schieramento politico di Marino…Hanno fatto un volta faccia: i vertici regionali sono con Bersani, quindi Marino non è più gradito, il mio direttore generale Cavina lo ha chiamato dicendogli: abbiamo difficoltà di sala operatoria, di consiglio di Facoltà, qui a Bologna il centro destra è molto forte…Pensa che cazzate gli ha raccontato…Io ho ascoltato la telefonata, in conclusione gli ha detto che non se ne fa niente…E Marino gli ha detto: e i miei pazienti? Io che cazzo di soluzione gli trovo? Lo faccio operare a casa mia? Marino è rimasto a piedi, niente sala operatoria”.

Carchivi commenta al telefono: “Che tristezza, ma come si può andare avanti così nella sanità italiana?”. Il suo interlocutore chirurgo condivide la “tristezza”, ma è “realista”: “Triste, però è così…di Marino si può dire tutto ma il fegato lo sa trattare, è un’assurdità che un chirurgo di quel genere non abbia una sala operatoria, con i malati che aspettano, ma lo tagliano per vendette trasversali…”. Sconsolata conclusione di Carchivi: “Ma guarda se si deve aiutare uno dei migliori chirurghi al mondo a trovare una sala operatoria, forse a Siena, ma Siena è come Bologna…è uno scandalo nazionale”.

Adesso è un’ipotesi di inchiesta, inchiesta contro presunte “azioni ostruzionistiche” a danno del pubblico interesse. Ma anche se i giudici l’hanno scoperta, non è vera materia per giudici e Tribunali. E’ materia di dignità civile. Bersani non c’entra e probabilmente apprende come tutti dai giornali. Ma a Bersani oggi spetta ripristinare una sorta di onore del Pd. Individui, trovi e chiami i “famigli” bolognesi che hanno pensato di compiacerlo negando una sala operatoria a Marino. E la società civile che lavora ed opera nella sanità bolognese, se c’è, faccia la fatica di distinguersi, con parole ed azioni, dalla “società vile” che se la sta mangiando viva.