Fine delle Feste, governo in piedi. Ma c’è una “saponetta”: i Ministeri al Nord

Mino Fuccillo
Pubblicato il 13 Settembre 2010 - 14:09 OLTRE 6 MESI FA

Fine delle Feste, governo in piedi, più o meno. Alla Festa della Lega Bossi ha detto, più o meno, che non concorda e capisce ma si adegua: niente crisi ed elezioni anticipate. Più o meno, perchè il “miglior stratega” sulla piazza politica, questa la virtù attribuita al capo leghista, in una settimana ha detto prima basta, poi voto subito, poi Lega che apre la crisi, poi non è il caso e l’ultima è stato un garibaldino “Obbedisco” al parere contrario di Berlusconi. Berlusconi che alla Festa dei giovani che furono di An ha detto che i voti in Parlamento li ha, anzi li trova, indipendentemente da quelli “finiani”. Quindi continua a governare, tranquillo e sereno. Serenità che gli viene anche dal fatto che stanno rifabbricando lo “scudo”, quel “Lodo” che lo difende dai processi. Processi “sospesi” dicono Fini e Casini. Processi “cancellati” preferiscono Ghedini e Alfano, ma insomma lo “Scudo” è di nuovo in cantiere. Quindi Berlusconi respira e non ha bisogno di far saltare il tavolo.

Alla Festa dell’Udc Casini ha detto che vorrebbe una crisi di governo, Berlusconi che si dimette. Ma che poi torna a governare, non con il governo che c’è, ma con un altro di “responsabilità nazionale”, con anche l’Udc dentro se cambia politica e programma. Un chiaro programma di una cosa impossibile, quindi un altro respiro per il governo che c’è. Chiudendo la Festa del Pd Bersani ha detto che vuole allearsi con Di Pietro e Vendola e poi tutti insieme eventualmente fanno un patto di governo con l’Udc e il “Centro” che verrà. Insomma il “centro-sinistra” classico e antico. A Veltroni sembra che la macchina del tempo abbia fatto due giri all’indietro, ma la maggioranza del Pd ci crede. Quel che è certo è che non è una richiesta di elezioni anticipate. Elezioni che il solo Di Pietro, e un po’ anche Vendola, si permettono di sponsorizzare, tanto non dipende da loro.

Quindi, alla fine delle Feste, il governo si rimette in piedi e cammina. Più o meno perché sulla strada ci sono due saponette scivolose. Anzi una e mezza. La prima, quella intera, l’ha deposta in terra Bossi in persona. Per circa dieci volte di fila e sempre in crescendo, Bossi ha chiesto, anzi ha detto di esigere il “decentramento”. Che non è il federalismo. E allora che sarà mai? Decentramento è un ministero a Milano, uno a Torino, un altro a Venezia, insomma i Ministeri al Nord. Se insiste, e insiste, qualcuno più d’uno nella maggioranza alla fine se ne accorge. Ministeri al Nord significa meno posti di lavoro a Roma, tanti posti in meno. La varie anime “sudiste” della maggioranza, se provocate, potrebbero reagire con un  “dispetto” parlamentare alla Lega. Bossi lo sa e forse il “dispetto” lo cerca. O almeno ha creato le condizioni perchè possa avvenire. Insomma si adegua al “Continuiamo così” di Berlusconi. Ma mica tanto, si adegua più o meno.

La seconda saponetta ha un nome: Cesare. Uno degli indagati sulla cosiddetta Loggia P3, o meglio detta Lobby Carboni, quel tale Arcangelo Martino che andava ai pranzi a casa Verdini, ha detto ai giudici che il “Cesare” delle telefonate tra “amici” era Berlusconi e il “Vice Cesare” era Dell’Utri. Quelli del Pdl hanno fatto circolare la tesi che siano state dichiarazione estorte a Martino. Con la tortura “giudiziaria”, più o meno. Comunque da quella dichiarazione stava per nascere una convocazione di Berlusconi davanti ai magistrati inquirenti, sia pure solo come “persona informata dei fatti”. Oltraggio che il capo del governo non avrebbe potuto sopportate, graffio, anzi sfregio alla “Scudo” prima ancora che “Scudo” sia. La Procura di Roma ha escluso Berlusconi possa essere convocato. E la saponetta numero due è diminuita a mezza saponetta. Resta però agli atti che “Cesare” a cui la lobby riferiva, il “Cesare” in cui si contava era il capo del governo. La seconda saponetta è lì, è stata scansata dal cammino del governo, messa d’un lato. Ma non è stata rimossa, un calcetto maligno e torna fra le gambe del governo.