Sardegna, ordine del giorno in Regione. Roma sleale, secessione?

Pubblicato il 23 Marzo 2012 - 09:40 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “Senza separatismi, senza eversione”, per carità, la Regione Sardegna si interroga ufficialmente: che ci stiamo a fare in Italia? Quello votato dal consiglio regionale sardo ieri è il primo ordine del giorno della storia repubblicana che mette per iscritto un proposito secessionista. Nemmeno la Padania vagheggiata da Bossi è riuscita mai a inserirsi formalmente in una qualche determinazione istituzionale, a parte lo spostamento logistico di qualche sede ministeriale. E invece, la Regione a Statuto speciale, ha fatto di meglio e di più: praticamente tutte le forze politiche, esclusi Pd e Riformatori, ma con il consenso di Sel, Udc, Fli, Idv, Api e parte del Pdl hanno votato la proposta del Partito Sardo d’Azione.

31 voti favorevoli e 25 contrari in Consiglio regionale certificano la volontà popolare: i sardi verificheranno che le condizioni della permanenza nello Stato siano rimaste quelle improntate a una mutua collaborazione e ispirata a principi di lealtà. Insomma, se stiamo insieme ci sarà un perché si chiede la politica sarda ma non potrà riscoprirlo stasera: l’iter della sessione speciale dei lavori prenderà tempo, sarà aperto alla discussione di quanti vogliano approfondire la natura di questo rapporto.

“Il Consiglio regionale, preso atto delle ripetute violazioni dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione da parte del Governo e dello Stato italiano nei confronti della Regione Sardegna, delibera di avviare una sessione speciale di lavori, aperta ai rappresentanti della società sarda, per la verifica dei rapporti di lealtà istituzionale, sociale e civile con lo Stato, che dovrebbero essere a fondamento della presenza e della permanenza della regione Sardegna nella repubblica italiana”.

E se scoprisse, la sessione di lavori appena autorizzata, che sì lo Stato non è leale, non rispetta gli obblighi di sussidiarietà, non collabora? Gli storici un giorno potrebbero vedere in queste parole il primo atto, la nascita di un processo irredentista autentico, fondato, non velleitario? Tornerà ai fasti piemontesi del Regno di Sardegna, oppure rivendicherà il nome  della mitica Atlantide (qualche storico tutt’altro che sprovveduto la crede tale). Ma perché il documento non è stato redatto in lingua sarda?

Tranquilli, il tono della deliberazione resta, nonostante tutte le inadempienze di Roma (ladrona?) in fondo conciliante e costruttivo: “Accadrà tutto in modo pacifico e legale e senza esiti precostituiti. Per la prima volta la Sardegna giudicherà l’Italia, senza separatismi, senza eversione – si legge nel sito del Partito sardo d’azione – ma solo ponendo sul piatto una questione semplice: stare in uno Stato comporta la vigenza di un patto equilibrato e giusto, quale oggi questo patto non è.” Se stiamo insieme ci sarà un perché, facciamo il tagliando…