Scelta Civica nel caos. Monti presidente per evitare diaspora Udc-Montezemolo

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 15 Maggio 2013 - 14:43 OLTRE 6 MESI FA
Scelta Civica nel caos. Monti presidente per evitare diaspora Udc-Montezemolo

Mario Monti (LaPresse)

ROMA – E Scelta Civica? Ve ne siete accorti che esiste ancora? Eppur governa, anche se si è avviato a un destino simile a quello del Pri di La Malfa nella Prima Repubblica: sempre al governo, spesso sui giornali, quasi mai oltre un tot per cento di voti.

Nel caso del polo centrista condotto al flop elettorale da Mario Monti, è già un miraggio l’8% preso alle politiche del 24 e 25 febbraio, risultato poco migliore di quanto aveva raggiunto l’Udc presentandosi da solo alle elezioni del 2008.

L’Udc non nasconde più il suo malumore, dopo che Monti ha monopolizzato le attenzioni in campagna elettorale per poi sparire dopo il voto. Anche il partito di Casini e Cesa rischia di sparire, e non ha nessuna intenzione di bruciare sull’altare delle svanite ambizioni di Monti anni e anni di non sempre encomiabile “lavoro sul territorio”, di radicamento nei posti di potere locale e nazionale.

Fa paura e può fare scuola la scomparsa dai radar della politica del “combattente” Gianfranco Fini, che ha lasciato Fli, un partito che l’ex segretario di Msi e An ha distrutto senza mai essersi preso la briga di costruirlo.

Oltre all’inquieta componente dell’Udc ci sono i “montiani” e i “montezemoliani”, che da grandi preferiscono fare i lobbisti piuttosto che i politici.

Insomma la diaspora è in corso, e l’unica maniera per fermarla può essere quella di richiamare Monti in servizio, tirarlo giù dall’alto scranno del “padre nobile” e nominarlo presidente di un qualcosa che deve assomigliare sempre di più ad un partito, anche nei criteri della democrazia interna.

Contrasti, malumori e possibili soluzioni sono sintetizzati da Alberto D’Argenio su Repubblica:

Mario Monti “risale” in politica. L’ex premier, che aveva dato l’addio a Scelta Civica rifiutando di cariche formali, ora deve fare marcia indietro per evitare che la sua creatura politica si dissolva nella lotta tra fazioni interne. Così domani (16 maggio, ndr) l’ex premier sarà nominato dall’assemblea dei parlamentari presidente del partito. La scommessa resta difficile. Sedare gli scontri interni tra montezemoliani, cattolici e montiani doc, evitare che i deputati dell’Udc, parte del cartello elettorale centrista, escano dai gruppi comuni per ritrovare una propria identità. E ancora, darsi una struttura di partito, radicarsi sul territorio e, soprattutto, recuperare visibilità dopo due mesi di quasi anonimato.

Dal dopo elezioni la strada di Scelta Civica è stata segnata dagli scontri tra fazioni sulle nomine interne e di governo ai quali si sono aggiunti i malumori trasversali sulla gestione del partito, sul passo indietro di Monti che però, accusano in molti, ha continuato a gestire direttamente le nomine e a dettare la linea. «C’è poca democrazia interna», la lamentela più diffusa.

[…] Poi c’è il rapporto con Montezemolo che ieri, insieme a Nicola Rossi, ha scritto in un editoriale il cui messaggio è: «Italia Futura non è, non può essere e non vuole essere la corrente di nessun partito. È arrivato il momento di riprendere la strada maestra: promuovere il dibattito civile e politico sul futuro del Paese». Per molti un disimpegno da Sc, per altri un modo di sconfessare i deputati che dentro al Scelta Civica avevano formato una corrente nel nome di Italia Futura. Ma Andrea Romano, deputato montezemoliano, minimizza: «Nessun passo indietro, è un ritorno alle origini, alla funzione di think tank una volta completata l’operazione elettorale».