Scontri a Roma. In piazza ultras, centri sociali, liceali: “Ma non chiamateli Black Bloc”

Pubblicato il 15 Dicembre 2010 - 13:10 OLTRE 6 MESI FA

Sugli scontri di ieri a Roma si è detto di tutto: infiltrazioni, black bloc, provocatori, la Capitale come Genova durante il G8. Tante parole per una sola convinzione: la deriva violenta che ha devastato il centro di Roma nel giorno della fiducia a Berlusconi proviene da uno sparuto gruppetto di facinorosi. Un reportage da piazza del Popolo di Carlo Bonini di Repubblica, però, ridimensiona questa verità. E ci dice, invece, che quella violenza è stata decisa ed è stata parte integrante del movimento sceso in piazza per contestare il governo.

Bonini porta la testimonianza di Luca Casarini, del movimento ‘Uniti contro la crisi’. “Se qualcuno pensa di raccontarsi la favola di un pugno di violenti che tiene in scacco un movimento, si sbaglia – dice Casarini – Se qualcuno azzarda paragoni con il G8 di Genova è fuori strada. Oggi abbiamo visto un tappo saltare. A piazza del Popolo c’erano migliaia di ragazzi e ragazze. Nessuno è stato vittima del delirio di qualche singolo. Tutti erano consapevoli di quanto stava accadendo. Tutti sono rimasti in piazza tra i lacrimogeni e le cariche. Perché è lì che volevano stare, per fare quello che hanno fatto. Come a Londra e a Parigi. Questo è un movimento tenuto insieme dalla rabbia di chi è schiacciato da condizioni di vita materiale sempre più insostenibili e dall’arroganza pubblica della politica”.

Scrive Bonini su Repubblica: “È un movimento senza veri leader e dall´età media che si abbassa, abbracciando molti studenti medi. È un movimento che, in piazza del Popolo, va allo scontro a mani nude, cercandolo, ma senza averne preordinato o pianificato la sequenza, senza dunque un arsenale allestito alla vigilia. Che si arma dunque nella furia dell´aggressione con quello che trova. Manici di piccone raccattati in qualche cantiere, sanpietrini, cartelli stradali e semafori divelti dal selciato, angolari di impalcature, stampelle trafugate da una vetrina sfondata, sgabelli rubati in un negozio di ottica. Che, nella devastazione, seleziona con accortezza i simboli del lusso“.

A riprova di quanto detto, Bonini porta l’esempio di Laura, 17 anni, che “mentre l’Ama comincia a ripulire piazza del Popolo, continua a saltare con le sue due amiche coetanee sotto gli archi che danno su piazzale Flaminio, canticchiando slogan da stadio («Liberi, liberi, liberi. Siamooo liberi..”). Al collo ha una sciarpa giallorossa con la croce celtica. Si dice «emozionata». Perché, aggiunge, «è la prima volta che carichiamo le guardie fuori dall´Olimpico», lo stadio. Laura non sa nulla dei “black bloc”, degli “anarchici”, greci o italiani che siano, o degli anni ‘70. Nei giorni del G8 2001, pettinava le bambole e andava in curva con il padre, «un ferroviere», a vedere la Roma. Il suo battesimo politico è oggi. E la sua acerba biografia avverte che le bussole con cui da tempo si guarda alla piazza provando a dare nome e indirizzi solidi a una rabbia liquida, sono inservibili“.