Scuola, alunni “somari”? I professori torneranno tra i banchi

Pubblicato il 14 Settembre 2013 - 11:18 OLTRE 6 MESI FA
Scuola, alunni "somari"? I professori torneranno tra i banchi

Scuola, alunni “somari”? I professori torneranno tra i banchi

ROMA – Nelle scuole in cui i risultati del test Invalsi, la prova scritta che ha lo scopo di valutare i livelli di apprendimento degli studenti al terzo anno, sono “meno soddisfacenti”, gli insegnanti si dovranno sottoporre ad un programma di formazione obbligatoria.  Lo ha deciso il governo con un decreto, che vede nel 2014 uno stanziamento di 10 milioni di euro.

Salvo Intravaia, su Repubblica spiega dove si trovano gli studenti che hanno ottenuto risultati al di sotto della media nazionale. Il pezzo pubblicato sabato 14 settembre si intitola: “Studneti somari? L’insegnante torna tra i banchi”:

“La sostanza della norma è che in quelle scuole dove i risultati dei test Invalsi sono ‘meno soddisfacenti’, cioè inferiori alla media nazionale, gli insegnanti si devono sottoporre a un programma di formazione obbligatoria che avrà il compito di aumentare le conoscenze e le competenze degli alunni, ma anche di incrementare le competenze di gestione, di programmazione e informatiche dei docenti. Soprattutto quelli che lavorano in particolari contesti come le zone a rischio o a forte concentrazione di immigrati. Il tutto, probabilmente, senza un soldo di retribuzione e non si sa neppure per quante ore pomeridiane di lavoro aggiuntivo. L’unica cosa che si sa è che il governo ha stanziato 10 milioni di euro per il 2014”.

Il divario nord-sud, spiega Intravaia analizzando i dati, è evidente

“Ma dov’è che i risultati dei test Invalsi sono più deludenti? Basta dare un’occhiata al report dell’istituto di Frascati pubblicato pochi mesi fa per rendersi conto che è nel meridione d’Italia che scolari e studenti arrancano maggiormente. Ogni anno, il test Invalsi misura le competenze in Italiano e Matematica degli alunni di seconda e quinta elementare, prima e terza media e secondo anno delle superiori. I due fascicoli proposti agli alunni italiani contengono domande a risposta multipla o aperta, grafici da interpretare, frasi da completare e altri quesiti per saggiare il livello raggiunto dagli alunni e fare dei confronti tra le diverse aree del Paese. In Sicilia, con una media nazionale a 200 punti, gli studenti di terza media racimolano in Italiano soltanto 186 punti. Punti che diventano addirittura 181 in Matematica per i ragazzini che frequentano le scuole della Calabria. Ma è al secondo anno delle superiori che il divario Nord-Sud diventa evidente”.

“Tra i 183 punti in Italiano degli adolescenti siciliani e i 214 dei compagni lombardi ci sono ben 31 punti di differenza che salgono ancora se si passa alle competenze in Matematica, dove gli studenti della provincia di Trento riescono ad accumulare ben 226 punti che precipitano a 178 se si prendono in considerazione i quindicenni sardi: ben 48 punti di differenza. Un gap fra regioni settentrionali e meridionali che permane anche nelle altre classi del monitoraggio. E che riguarda anche gli alunni delle periferie delle grandi città: Roma, Milano, Napoli, Palermo. Ma che secondo i sindacati non dipende dalla preparazione dei docenti”.

Il decreto non è però piaciuto ai sindacati:

“Sgombriamo subito il terreno — dichiara Francesco Scrima, leader della Cisl Scuola — da possibili equivoci: non sta né in cielo né in terra che si possa scaricare sugli insegnanti ogni colpa per risultati scolastici insoddisfacenti, quando è fin troppo evidente che il peso determinante è delle condizioni di contesto. Chi spende il suo lavoro nelle aree di più acuta emergenza sociale non meritadi essere fatto oggetto di banalizzazioni di questa portata’. Addirittura incredulo il commento di Massimo Di Menna, a capo della Uil scuola: ‘Una formazione obbligatoria, decisa per decreto, senza specificare le modalità, legata agli esiti delle prove Invalsi: ma stiamo scherzando?’. ‘E poi — continua Di Menna — per quante ore? 20, 40, 200. E chi decide? In ogni caso, ricordiamo al governo che decidere inmateria di lavoro per decreto, e non per contratto, non porta lontano’. Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale presidi, vede invece di buon occhio il provvedimento: ‘Sono convinto che l’amministrazione debba farsi carico delle situazioni di disagio e minore successo scolastico e i finanziamenti per la formazione dei docenti vanno proprio in questa direzione”‘.