Il sindaco leghista di Treviso: “L’Inno di Mameli non lo suoniamo più”. Giù le critiche e lui ritratta

Pubblicato il 24 Settembre 2010 - 22:11| Aggiornato il 25 Settembre 2010 OLTRE 6 MESI FA

All’inaugurazione dei monumenti si, a quella delle bocciofile no. L’Inno di Mameli a scelta e’ l’ultima provocazione partita da un esponente del Carroccio, firmata questa volta da Giampaolo Gobbo segretario nazionale della Lega Veneta e sindaco di Treviso. Gobbo oggi aveva annunciato ”da adesso in poi le cerimonie si faranno senza inni”, chiedendo di fatto il divorzio dal ‘Canto’ scritto da Goffredo Mameli nel 1846 e adottato come Inno nazionale italiano il 12 ottobre 1942. Passi per la musica di Michele Novaro dicono i leghisti ma sentirsi ripetere ”che schiava di Roma Iddio la creo”’ – anche se come suggerisce il senatore del Pdl Maurizio Castro la schiava non e’ l’Italia ma la Vittoria – proprio non va giu’.

Per il capo della Liga Veneta ”l’inno d’Italia non serve assolutamente, perche’ non e’ certo quello che contribuisce ad alimentare il senso dello Stato”. D’ora in avanti, ordina Gobbo, ”i miei dovranno seguirmi sulla mia strada”. Ma sulla via di Gobbo si sono messi di traverso in molti. A cominciare del ministro della Difesa Ignazio La Russa secondo il quale sarebbe opportuno”raddrizzare le parole del sindaco di Treviso”.

”Durante la Festa della Liberta’ che iniziera’ domani a Milano – ha affermato – tutte le giornate si apriranno suonando l’Inno d’Italia e raddrizzeremo questo discorso. Ciascuno nel suo animo e’ libero di pensarla come vuole ma il rispetto dell’identita’ e del sentimento nazionale sono dovuti sempre”.

”Il Pdl – dice ancora La Russa – non potra’ mai stare in una Giunta con chi non ha questo rispetto. Dico queste cose sicuro che Bossi, Calderoli e gli altri amici intelligenti della Lega sono d’accordo con me e che le parole di Gobbo vanno raddrizzate”.

”Il ministro non ha capito nulla – ribatte Gobbo – prima si informi e se ha bisogno di chiarimenti lo invito a telefonarmi. Non ha senso – dice il segretario della Lega – che l’inno venga eseguito anche se si inaugura una bocciofila. Fermo restando – conclude – che e’ giusto sia suonato nelle cerimonie ufficiali ed ogniqualvolta il protocollo lo richieda”.

Una correzione di rotta al volo che e’ servita, in serata, ad attenuare toni che si facevano accesi anche nel centrodestra -una contestazione e’ arrivata anche da un suo compagno di partito- senza parlare delle bordate ad alzo zero della sinistra (”Zoggia: Gobbo smetta di denigrare italiani”; Pdci ”atto secessionista”; Donadi: ”Lega ama poltrone ma offende Italia”). Il primo a dissentire dall’amico Gobbo e’ il sindaco di Verona Flavio Tosi. Per lui l’inno di Mameli continuera’ ad essere suonato nelle citta’ venete come in tutto il Paese, secondo ”il preciso protocollo che ne regola l’uso”.

”E’ in atto – dice Tosi – una clamorosa strumentalizzazione sull’uso dell’Inno di Mameli, pretesto e oggetto di polemiche sterili e poco significative. A Verona, come a Treviso, nelle altre citta’ venete e in tutto il Paese e’ in vigore un preciso protocollo che regola l’uso dell’inno nazionale che continuera’ ad essere applicato”. Un concetto che trova d’accordo anche il ministro veneto Giancarlo Galan: ”ci sono persone stonate che forse fanno bene a non cantarlo – ironizza il ministro – Secondo me quando c’e’ l’inno d’Italia ci si alza dignitosamente, si sta composti, si ascolta se non si vuole cantare. Io non sono per obbligare la gente a fare cose di cui non ha voglia”.

Il presidente del Veneto Luca Zaia questa volta si e’ chiamato fuori. Gli sono bastate le polveri alzate a giugno da un Inno di mameli cantato troppo sottovoce da essere udito da pochissimi, in occasione dell’inaugurazione della scuola, non la bocciofila, di Fanzolo di Vedelago (Treviso). Quella volta a protestare fu soprattutto chi senti’ passare per i timpani soprattutto il Va’ Pensiero. ”Si e’ cantato l’Inno di Mameli, il Va’ Pensiero e si sono cantate altre canzoni”, disse allora Zaia. ”Se qualcuno non se n’e’ accorto – concluse – evidentemente aveva il cervello da altre parti”.