Il su e giù degli sms: tassa pro Protezione Civile che appare e scompare

Pubblicato il 12 Aprile 2012 - 18:09 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Tassa appare, utilizzatori di telefonini si spaventano, operatori di telefonia si arrabbiano,  e tassa scompare. Succede al balzello da due centesimi sugli sms, quello che il governo Monti voleva introdurre per finanziare parte della ristrutturazione della Protezione civile. Balzello che evapora nel giro di poche ore, quella che passano tra i primi lanci di agenzia che lo annunciano come cosa fatta e quelli che invece, senza spiegare davvero perché, ne annunciano la sua sparizione.

In mattinata, il tutto sembrava deciso. C’era una bozza chiara  e pronta per essere portata in Consiglio dei ministri già venerdì mattina: ordine del giorno, riformare la Protezione civile. Che, tra le righe, significa trovare i fondi per riorganizzare la struttura. E stavolta, oltre all’immancabile ritocco alle accise sulla benzina, serbatoio favorito del Governo monti, sembrava dover toccare anche agli sms. Un balzello da due centesimi a messaggino da dover versare all’organizzazione che di tanti grandi eventi si era occupata ai tempi della gestione di Guido Bertolaso.

Balzello relativamente “indolore” visto che chi di sms ne manda tanti in genere usa le promozioni eppure in grado di assicurare un gettito sostanzioso. Sta di fatto che nel giro di qualche ora, “come per incantamento” la tassa sui messaggini scompare dalla bozza. Non perché venga meno il bisogno: i soldi si dovranno trovare lo stesso, ma altrove.

Ma cosa è successo? L’Ansa, con un dispaccio laconico, spiega che “in seguito alle molte proteste da parte degli operatori di settore, Palazzo Chigi avrebbe deciso di soprassedere”. Tradotto significa una cosa inquietante: a Tim, Vodafone, Wind & Co la tassa non va bene e Monti si arrende senza combattere. Spiegazione che non spiega nulla. Se non altro perché le compagnie telefoniche non sarebbero certo le prime a protestare per un provvedimento del Governo. Ma sarebbero le prime ad essere ascoltate in toto prima ancora della presentazione della norma.

A dirla tutta ci si è messa anche la politica a dire che  no, i messaggini non si possono tassare. Per il Pdl Bruno Murgia, per esempio, si tratterebbe di “un grave errore” mentre per Enzo Raisi di Fli, la tassa sui messaggini, sarebbe un “balzello sui poveri”. Resta il fatto: la tassa sugli sms, ancora una volta, scompare prima ancora di diventare proposta formale.

Perché ogni volta che si prova a mettere la mano in tasca al business del traffico dati qualcosa va storto. Qualche anno fa, per esempio, ci ha provato senza successo anche Silvio Berlusconi. Era il 2004 e il governo (non esattamente una novità) era a caccia di soldi per far quadrare i conti e per riuscire nella missione che Berlusconi ha promesso per 20 anni, abbassare le tasse. Allora nel mirino c’era l’Irap e il governo Berlusconi 2 pensò di alleggerirla tassando i “pollici furiosi”.

Non se ne fece nulla, ovviamente, anche perché si arrivò addirittura ad ipotizzare lo “sciopero dei messaggini”. Tra i “detrattori creativi” di una proposta che mai diventò tale si segnalarono Pier Luigi Bersani che parlò di balzello contro gli innamorati, e Maurizio Gasparri che propose di tassare di due centesimi a parola i politici. Resistenza trasversale, insomma, a difesa di un servizio, quello degli sms, che anche senza tassa è già in Italia più caro che in buona parte dei paesi della Ue.