Stadio Olimpico, la via più breve per nuovo lockdown

di Lucio Fero
Pubblicato il 24 Settembre 2020 - 10:19 OLTRE 6 MESI FA
Stadio Olimpico di Roma

Stadio Olimpico, la via più breve per nuovo lockdown (foto ANSA)

Stadio Olimpico di Roma e suoi fratelli stadi d’Italia riaperti al pubblico. La voglia matta, anche del governo, via breve a nuovi lockdown.

Stadio Olimpico in Roma, passa di qui la via più breve per un nuovo lockdown. L’assessore regionale alla Sanità, D’Amato, non poteva essere più sintetico e più efficace nel descrivere ciò che si sta ruminando intorno alla voglia matta di riaprire gli stadi di calcio al pubblico. Già, perché di vie brevi a nuovi lockdown c’è voglia, via che dovrebbero passare per San Siro, San Paolo, Franchi, Marassi…

Vie brevi, anzi scorciatoie per il contagio

Spadafora ministro ieri parlava di “riapertura graduale degli stadi”. Una frase e una formula che sembrano, anzi sono le lancette sul quadrante di un orologio fermo. Riapertura graduale degli stadi al pubblico e in generale tutto il mood, l’intento, la speranza e la retorica del “ritorno alla normalità” supponevano, poggiavano, avevano un senso se durante l’estate il contagio si fosse fermato o quasi.

Si sperava contagio, se non zero, comunque ai minimi termini. E se non in progressivo e costante calo, almeno contagio stabile a bassi livelli. Invece contagio d’estate non è svanito, anzi. E invece contagio non è fermo ma aumenta.

Ritorno alla normalità un contro senso

Ritorno alla normalità è oggi un guidare contro mano, un andare fuori strada, un contro senso rispetto alla realtà. Oggi si può avere come obiettivo, ambizioso, quello di restare ai livelli di pandemia attuali o poco più, si può sperare di fermarsi intorno ai duemila contagi e 20 morti al giorno.

Quindi rimettere migliaia o decine di migliaia insieme all’ingresso e all’uscita e dentro uno stadio di calcio è un dare acqua alla pianta coronovavirus.

Stadio Olimpico 25mila, in sicurezza?

Olimpico stadio, Roma. Secondo quanto allo studio e in preparazione, secondo quanto annunciato dal sotto segretario alla Salute Sileri, presto potrebbe essere aperto a 25 mila circa tifosi, spettatori. E’ la risultante, per l’Olimpico di Roma, della percentuale del 30 per cento che si vorrebbe applicare ad ogni stadio di calcio: 30 per cento della capienza massima dell’impianto. Ne tiene 75 mila, ne entrano 25 mila. Ogni stadio faccia i suoi conti e ottenga la sua cifra.

Che dovrebbe essere quella della “sicurezza”. Stadio Olimpico Roma, in 25 mila dentro sicurezza garantita. E’ una sicurezza immaginaria, ancora meno che immaginaria. Venticinquemila persone che non si ammassano agli ingressi, fanno file distanziate, tengono sempre la mascherina. E non si affollano all’uscita, escono a piccoli gruppi scanditi dall’altoparlante. Venticinquemila persone che non si alzano in piedi al gol o al gol mancato, non urlano, stanno sempre sedute, non sventolano bandiere, non hanno striscioni, stanne sempre al loro posto, non si scambiano letteralmente un fiato a distanza ravvicinata.

La sicurezza negli stadi: una impietosa bugia

Immaginare come plausibile 25 mila persone così in uno stadio è dribblare a chiacchiere la realtà. La sicurezza negli stadi garantita dal “protocollo spettatore di calcio” è come l’ipocrita indicazione cogente di ballare in discoteca a due metri di distanza. Sono regole di sicurezza inapplicabili, sono prese per i fondelli, pericolose prese per i fondelli.

Una maggiore civile onestà vorrebbe si dicesse: stadi di calcio li riapriamo perché c’è grosso interesse economico a riaprirli. E’ un buon motivo per farlo. Ma non oggi, non ora. Si pensava, sperava si potesse riaprire ad ottobre se l’estate avesse visto il contagio in via di sparizione. Il contagio è vivo e lotta contro di noi. Riaprire gli stadi ora è idiota, contro producente anche dal punto di vista economico.

Tanta retorica, un pensiero mai?

In questa idiozia ci mette del suo anche la comunicazione: non c’è praticamente telecronaca o talk show calcistico o anche semplice Tg in cui non si ascolti la frase “ci auguriamo stadi vengano riaperti al più presto”. Non è una frase neutra, è consommé di retorica fuorviante e dannosa. Una mente pensante si augura sia al più presto disponibile un vaccino, domata la pandemia. Poi e solo poi ci si può augurare di riaprire stadi e tutto il mondo. Augurarsi, auspicare al più presto la riapertura degli stadi a pandemia in corso è stolto. Stolto e dannoso a se stessi, al prossimo e anche all’industria calcio.