La disonorevole rivolta dell’onorevole: non vuole mollare un euro

Pubblicato il 11 Dicembre 2011 - 15:22 OLTRE 6 MESI FA

Foto Lapresse

ROMA – I presidenti di Camera e Senato assicurano: “Noi parlamentari vogliamo tagliarci lo stipendio”. Ma l’impressione, stando anche alle dichiarazioni dei loro colleghi, è che molti di loro vogliano invece difendere la propria paga. Una “disonorevole rivolta degli onorevoli”, che tentano persino di far assumere alla vicenda toni drammatici.

Alessandra Mussolini aveva detto: “E’ un’istigazione al suicidio”. Secondo la deputata del Pdl “è come se ci mandassero nudi per strada. Poi è ovvio che uno si ammala, prende l’influenza, si aggrava, arriva la polmonite e quindi…”. Il giorno dopo è stato il turno di Marina Sereni, del Pd: “Ma quale ricca. Io vado a fare la spesa alla Coop”. Poveracci, questi parlamentari.

Ma di cosa si lamentano i parlamentari? E’ presto detto: il governo Monti vorrebbe abbassare le indennità percepite da deputati e senatori, equiparandole alla media europea. La manovra prevede che il governo ‘recepisca’ gli esiti del confronto sugli stipendi degli altri parlamenti europei di cui si sta occupando la commissione guidata dal presidente dell’Istat, Enrico Giovannini.

Attualmente lo stipendio netto di un onorevole è il più alto di tutti in Europa: circa 15 mila euro lordi che diventano 11.704 netti. Con questa somma deve pagarci lo stipendio dell’assistente. Un collega tedesco prende 7 mila euro netti ma l’assistente è un funzionario del Bundestag. L’Austria è il paese più vicino, per difetto, al livello italiano: 8.882 euro netti. Un olandese prende poco più di 7 mila euro, un francese poco meno di 7 mila come un irlandese, un belga 6 mila euro netti, un greco 5 mila e 700. La media europea degli stipendi sul totale dei paesi è minore della metà di quello italiano, 5.539 euro.

I soldi che totalizza un parlamentare italiano è la somma (calcolata sul Corriere della Sera da Paolo Foschi) delle seguenti voci: indennità (cioè lo stipendio), diaria mensile, soldi percepiti dal gruppo parlamentare, rimborsi per i trasferimenti, rimborsi per il telefono. E poi ancora altri benefit a seconda della carica ricoperta.

Ma i parlamentari hanno bloccato il taglio grazie a un emendamento proposto alla manovra. Fini aveva spiegato che si trattava solo di un problema procedurale: in pratica il taglio avrebbe dovuto essere discusso in Parlamento, non imposto dall’alto per decreto. Resta da vedere chi di loro voterà per abbassarsi lo stipendio.